Esiste la vertenza in campo economico e normativo. Oggi ne parliamo in maniera approfondita.
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- Vertenza sindacale, come farla e i tempi per presentarla all'apposito ufficio
- I motivi che portano alla vertenza
- Il tema discusso dell’articolo 18
- Come presentare una vertenza sul lavoro per il recupero crediti
- Cos’è la prescrizione dei diritti e cosa centra con la Vertenza
- Prescrizione quinquennale, decennale e presuntiva
- Diritto sindacale: cosa s’intende e di che cosa si occupa
- I sindacati e le loro funzioni
Quali sono i tempi tecnici entro cui presentare una vertenza sindacale? Dipende dalla tipologia di azienda. se si tratta di un’impresa con meno di 15 dipendenti, il tempo massimo con cui è possibile presentare una vertenza con l’aiuto di un sindacato a tutela del personale dei dipendenti è entro cinque anni dalla fine del rapporto di impiego. Se invece l’azienda ha più di 15 dipendenti, la prescrizione coincide con i cinque anni successivi al giorno o al mese con cui si matura la retribuzione richiesta. Se invece si intende contestare il proprio licenziamento, bisogna muoversi entro 60 giorni dal giorno in cui si riceve la lettera che recide il contratto da parte del datore di lavoro.
Se desideri una lettura informativa sull'argomento, ti invitiamo a leggere il nostro articolo sulla lettera di licenziamento per la colf.
Vertenza sindacale, come farla e i tempi per presentarla all'apposito ufficio
I tempi di risoluzione della faccenda, poi, cambiano a seconda della strada che si sceglie di prendere. Se ci si affida, appunto, ai sindacati, in genere l’accordo arriva entro un paio di mesi, se invece optiamo per la procedura civile vera e propria potrebbero volerci anni prima di un verdetto definitivo. Ma come si fa vertenza? Diciamo innanzitutto che devono esserci alcune situazioni:
- bisogna avere i requisiti per fare vertenza;
- occorrerebbe prima provare una via pacifica;
- occorre possedere prove che dimostrino che un nostro diritto è stato calpestato;
- dobbiamo rivolgerci al sindacato tutela del personale dei dipendenti della nostra categoria.
A questo punto sarà il sindacato a contattare il nostro datore di lavoro, quest’ultimo sarà convocato per tentare una conciliazione; se una soluzione pacifica non è praticabile, andrà purtroppo avviato un procedimento legale a tutti gli effetti. Naturalmente possiamo presentarci anche a un sindacato senza essere iscritti a esso, in questo caso la procedura avrà un costo leggermente maggiore e potrebbe, comunque, prevedere l’iscrizione al sindacato stesso.
In genere i sindacati tutela del personale dei dipendenti non chiedono il pagamento di quote molto elevate per seguire un dipendente che intenda fare vertenza al proprio datore di lavoro, soprattutto per i loro iscritti. In quest’ultimo caso le uniche spese previste di solito sono quelle di segreteria e gli eventuali rimborsi per le spese sostenute a livello di contratto. Se invece non si risulta iscritti a nessun sindacato, sarà bene scegliere quello più adatto alla nostra categoria professionale e a cui eventualmente ci sentiamo anche più vicini idealmente e procedere, poi, all’iscrizione e al pagamento di tutte le spese che saranno indicate nei termini del contratto. L’apporto di un sindacato per tentare una soluzione conciliativa con il nostro datore di lavoro è sempre la strategia migliore per evitare inutili e faticosi procedimenti legali, soprattutto nel nostro Paese.
Tipologie di vertenze sul lavoro e procedure concorsuali
Esiste la vertenza in campo economico e normativo.
- In casi di problemi con la retribuzione e pagamenti. Vedi Calcolo Retribuzione e buste paga.
- In casi di anomalie relativi a ferie, permessi ed ex festività.
- Nei casi di malattia o infortunio. Se al lavoratore non sono state riconosciute in tutto o in parte tali indennità.
- per licenziamento senza preavviso o per una lettera di richiamo immotivata.
controversie sul lavoro: diamo uno sguardo a quello che può accadere
I compiti principali della Direzione Generale del Ministero del Lavoro si basano sul garantire e tutelare le condizioni di lavoro e sul mediare nelle situazioni di crisi d’impresa e nelle vertenze nazionali di lavoro. Per svolgere i suoi compiti, la Direzione Generale della tutela delle condizioni di lavoro segue un iter:
- in primis, analizza le controversie collettive per redigere o rinnovare i CCNL,
- segue le fasi della conciliazione nei casi di controversie collettive sul lavoro,
- tratta le procedure di mobilità applicando gli articoli 4 e 24 della legge 223/91 e le procedure di consultazione sindacale ai sensi del D.P.R. 218/00 (cassa integrazione Guadagni),
- esperisce i tentativi di conciliazione in applicazione della legge 83/2000.
I motivi che portano alla vertenza
Sono diversi i motivi che possono portare il lavoratore a una vertenza, ossia a una denuncia, relativo al posto di lavoro. Ecco alcuni esempi: mancanza di retribuzione dello stipendio o incentivo a firmare una busta paga con salario diverso da quello che realmente si è percepito, non riconoscimento della malattia o infortuni, non riconoscimento dell’indennità per la maternità, non aver percepito le ore di straordinario, anomalie per ciò che riguarda i giorni di ferie, non aver percepito il TFR (ossia il Trattamento di Fine Rapporto). E’ consigliabile in caso di vertenza di contattare dei sindacati o dei commercialisti di fiducia che conoscano le leggi in modo dettagliato e farsi dare di conseguenza dei giusti suggerimenti su come proseguire la denuncia nei confronti dei datori di lavoro.
La Direzione Generale della tutela delle condizioni di lavoro si divide in due divisioni in base alla tipologia di soggetti che prendono parte alla controversia. Nel dettaglio:
- Divisione VII
Via Fornovo, 8 – 00192 Roma
Tel. 06/46834924 06/46834892 Fax 06/46834023
email:Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - Divisione VIII
Via Fornovo, 8 – 00192 Roma
Tel. 06/46834296-06/46834277 Fax 06/46834278
email:Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
La Direzione Generale si occupa anche delle controversie sul lavoro di tipo individuale, coordinando le attività delle D.P.L. in tema conciliazione e arbitrato. Inoltre, la Direzione Generale della tutela delle condizioni di lavoro redige le statistiche relative alle controversie di lavoro individuali. Due volte l’anno, è raccolta la documentazione relativa alle controversie sul lavoro individuali/plurime sia del settore privato che di quello pubblico.
Per il settore privato è disponibile la serie storica dei dati nazionali a decorrere dal 1990, mentre per il settore pubblico la serie inizia nel 1998.
Per ulteriori informazioni:
Direzione Generale della tutela delle condizioni di lavoro
Divisione IV – Analisi economiche, rappresentatività sindacale e costo del lavoro
Via Fornovo, 8 – 00192 Roma
Tel. 06/46834920 06/46834920 Fax 06/46834020
email:
Fonte:http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/md/AreaLavoro/tutela/controversie/
Il tema discusso dell’articolo 18
Il dibattito su questo tema non può non chiamare in causa l’articolo 18, vero snodo di polemica tra istituzioni e sindacati. Una riforma dell’articolo 18 è stata già varata dal Governo Monti che ha previsto il reintegro sul posto di lavoro per licenziamento illegittimo solo nei casi discriminatori mentre per tutti gli altri è stato previsto un indennizzo economico. L’attuale Presidente del Consiglio Renzi che spiegato in questo modo l’articolo 18, portando alla luce i dati relativi alle controversie: per il Premier infatti nell’80% dei casi si finisce a un accordo e delle restanti cause solo 3000 vedono il lavoratore perdere. Quindi, per Renzi, bisognerebbe superare l’articolo 18 che vale solo 3000 persone che è un numero sproporzionato rispetto alla popolazione italiana. La proposta del Governo infatti è quella di un contratto a tutele crescenti, con l’articolo 18 che non varrebbe nei primi tre anni dall’assunzione e un indennizzo economico legata all’anzianità di servizio presso l’azienda. Rimane senza dubbio uno dei temi forti la risoluzione dell’articolo 18 e delle dispute tra le parti in causa, con un bilanciamento equilibrato tra datori di lavoro e dipendenti. Tuttavia, non si piò più rimandare una riforma organica del mercato del lavoro che vive oggi un periodo di stagnazione, tra licenziamenti di massa e perdita di migliaia di posti di lavoro. Per far ripartire l’economica, è indispensabile restituire fiducia alle persone e soprattutto dare loro possibilità di andare a lavorare.
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Come presentare una vertenza sul lavoro per il recupero crediti
L’iter della procedura da seguire in caso di vertenza sono:
- Il lavoratore o il sindacato avvia i contatti con il datore di lavoro dell'azienda
- Il sindacato incontra il titolare
Se la conciliazione non riesce si ha il ricorso giudiziario.
Prescrizione per chi vanta crediti di lavoro
I diritti dei lavoratori sono tutelati dalla legge, tuttavia se il lavoratore che vanta crediti nei confronti del proprio datore di lavoro non fa valere i propri diritti – anche tramite le vie legali o una vertenza – rischia di incorrere nella prescrizione dei diritti prevista dall’art. 2934 del Codice civile con cui perde la facoltà di rivalersi sul datore.
Cos’è la prescrizione dei diritti e cosa centra con la Vertenza
Un lavoratore può vantare crediti nei confronti del datore di lavoro come la mancata retribuzione del TFR o la mancata retribuzione mensile o l’omesso versamento dei contributi. Per ciascuno di questi diritti si ha un determinato lasso di tempo per farsi valere. Nei vari casi, la prescrizione va da 1 a 5 e 10 anni (come per esempio nel caso del calcolo della busta paga errato) dopo i quali non è più possibile ricorrere contro il datore.
Il lavoratore per non perdere i suoi diritti è, quindi, tenuto ad agire tramite vertenza entro determinati termini stabiliti dalla Legge. Quando un titolare non esercita il proprio diritto nei termini previsti dalla legge, questo si estingue per prescrizione. La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui si può far valere il proprio diritto.
Prescrizione quinquennale, decennale e presuntiva
Le forme prescrittive previste - entro i cui termini agire – sono principalmente tre:
- Prescrizione ordinaria decennale;
- Prescrizione breve quinquennale o estintiva;
- Prescrizione presuntiva (da 1 a 3 anni).
Decennale
In assenza di un’ampia giurisprudenza a riguardo e di atti normativi specifici, la Corte di cassazione riconosce un termine di prescrizione ordinario di 10 anni nei casi di:
- Diritti relativi al passaggio di qualifica;
- Diritti di risarcimento del danno contrattuale ivi compreso l’omesso versamento totale o parziale dei contributi;
- Diritti per le erogazioni una tantum;
- Diritti all’accertamento della natura subordinata del rapporto di impiego;
- Diritti al riconoscimento del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e non a termine.
- Diritti relativi alle ferie non godute e mancati riposi settimanali.
Il tempo entro cui far valere i propri diritti rispetto alle citate materie è stabilito nei termini di 10 anni, oltre i quali non è più possibile avanzare richieste per sanare la situazione. Qualora il diritto venga efficacemente rivendicato poiché direttamente correlato a un inadempimento contrattuale conclamato, il datore di lavoro è tenuto all’esborso di un risarcimento. La natura del diritto rivendicato è appunto di natura risarcitoria e non retributiva.
Quinquennale
I casi in cui il termine per ricorrere ai propri diritti è limitato entro i 5 anni, prima che decorra la prescrizione sono:
- Diritti che rivendicano crediti di carattere retributivo a cadenza periodica (stipendio o compenso mensile compreso di tredicesima quattordicesima, stipendio o compenso quindicinale, stipendio o compenso settimanale);
- Indennità di fine rapporto;
- Indennità sostitutiva del preavviso;
- Crediti derivanti da differenze retributive per mansioni e qualifiche superiore (differenze retributive).
Prescrizione presuntiva (annuale e triennale)
È previsto nell’ambito dei crediti da retribuzione anche la cosiddetta prescrizione presuntiva che si basa sulla presunzione di estinzione di un credito da lavoro dopo che sia trascorso un determinato lasso di tempo, ovvero:
- Un anno per le retribuzioni pagate a cadenze inferiori al mese (la busta paga esclusa di tredicesima o quattordicesima);
- Tre anni per le retribuzioni pagate a cadenze superiori il mese (tredicesima, quattordicesima e retribuzioni aggiuntive, premi annuali, festività, indennità sostitutive).
La presunzione richiede – in sede di giudizio – l’onere della prova a carico del lavoratore, per cui l’esito è suscettibile a sovversione.
Il lavoratore – anche se sono trascorsi i termini di prescrizione – può vedere accolta la propria pretesa risarcitoria in sede giudiziale a condizione che sia fondata sul merito e non sia stata evocata o eccepita la prescrizione da parte del datore di lavoro.
La decorrenza della prescrizione
Lungo o breve che sia il termine previsto per la prescrizione, per poter far valere i propri diritti occorre capire quando iniziano i tempi di decorrenza entro cui poter presentare in tempo opportuno una vertenza.
L’art. 2935 del Codice civile ribadisce che la decorrenza della prescrizione comincia dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Nella maggior parte dei casi citati, dunque, il termine di prescrizione comincia dal giorno successivo la fine del rapporto di lavoro, sia per quella ordinaria che presuntiva.
Si precisa che ciò vale per i diritti del lavoratore di natura retributiva, per quelli di natura non retributiva come il diritto alla qualifica superiore, il risarcimento di danni, omesso versamento dei contributi previdenziali, la prescrizione decorre già in corso o in essere del rapporto di lavoro subordinato. Infine, si ricorda che anche la vertenza ha una prescrizione qualora si sia intentata un’azione verso il datore di lavoro – pur nei limiti temporali previsti dalla legge – ma senza soluzione di causa durante l’iter procedurale.
Diritto sindacale: cosa s’intende e di che cosa si occupa
Dare una definizione semplice di diritto sindacale è difficile ma non impossibile, potremmo infatti definirlo come la branca del diritto che si occupa di tutte le questioni relative al lavoratore non dal punto di vista individuale ma collettivo.
Per questa ragione potremmo definire tre le tematiche fondamentali che sono oggetto di studio del diritto sindacale: le organizzazioni sindacali, gli scioperi e i contratti collettivi di lavoro.
Per quanto fino a qui possa sembrare tutto chiaro e semplice, in realtà il diritto sindacale si occupa di una branca complessa per via dell’elevato numero di norme presenti, tutte per lo più di natura contrattuale.
Le basi del diritto sindacale sono presenti nell’articolo 39 della Costituzione che afferma la libertà dell’organizzazione sindacale senza controlli diretti da parte dello Stato o dei titolari d’azienda, l’uncico obbligo imposto ai sindacati è la registrazione presso gli uffici, registrazione concessa previa dimostrazione che l’ordinamento interno sia su base democratica.
Oltre all’articolo della Costituzione, anche all’interno della Carta dei diritti fondamentali di Nizza del 2000 vengono ribaditi alcuni diritti del lavoratore tra cui il diritto all’informazione e alla consultazione per quanto concerne il diritto allo sciopero.
Il diritto sindacale è oggi essenziale per poter lavorare con dignità ed è dunque importante conoscere i propri diritti e sapere a chi rivolgersi per la tutela degli stessi.
I sindacati e le loro funzioni
I sindacati nascono, in forma differente, già nel medioevo quando si parlava di corporazioni, tutte relative ai mestieri considerati importati e qualificati all’epoca.
Mutando di forma e funzioni, le forme primordiali dei sindacati persero gran parte della propria incidenza durante il passaggio alla produzione di massa e quindi durante la rivoluzione industriale.
Nonostante ciò, oggi i sindacati hanno un ruolo importantissimo nella nostra società, tanto che, coloro i quali non si ritengono soddisfatti del sindacalismo generale, finiscono per organizzarsi autonomamente.
I sindacati, dunque, si occupano di tutelare i diritti dei lavoratori attraverso diverse modalità e tra queste evidenziamo: la sottoscrizione di accordi vincolanti per la regolazione dei rapporti lavorativi e dei contratti collettivi, l’organizzazione di manifestazioni e scioperi fungendo da portavoce delle attuali esigenze dei lavoratori, l’esposizione di richieste specifiche alle istituzioni, la partecipazione attiva alla vita aziendale per assicurarsi che i lavoratori ed in particolare i loro diritti vengano rispettati, andando ad intervenire in tutte quelle procedure riguardanti la modifica dei contratti o i licenziamenti collettivi e naturalmente anche attraverso servizi fiscali e previdenziali.
Quello che non tutti sanno però è che dal punto di vista giuridico, i sindacati sono considerati come delle associazioni non riconosciute e quindi vengono regolamentanti attraverso l’applicazione delle norme del Codice civile riguardanti gli enti collettivi.
I sindacati principali per numero di iscritti sono: Cgil, ovvero Confederazione generale italiana del lavoro, Cisl, Confederazione italiana sindacati lavoratori e Uil, l’Unione italiana del lavoro.
Diritto sindacale: lo sciopero
Con sciopero s’intende un’astensione dal lavoro collettiva da parte dei lavoratori e questo viene spesso organizzato proprio dai sindacati con lo scopo di fare pressione e riuscire ad ottenere miglioramenti sulle condizioni lavorative.
Tuttavia, il diritto allo sciopero, sancito dall’articolo 40 della nostra Costituzione, va a scontrarsi con altri diritti ed è per questo che per essere legittimo va verificato il cosiddetto danno alla produttività.
Con danno alla produttività s’intende l’impossibilità di riprendere le normali attività dopo lo sciopero per via dei danni causati dallo stesso, ma, com’è facile intuire, spesso è difficile immaginare uno sciopero privo di danni alla produttività o privo di perdite economiche per il datore, pertanto capita sempre più spesso che la giurisprudenza sostenga che il danno alla produttività sia insito nel concetto stesso di sciopero e che quindi questo sia pressoché sempre legittimo.
Vi sono inoltre diverse tipologie di sciopero e tra queste evidenziamo:
- Sciopero generale che riguarda tutti i lavoratori di un Paese
- Sciopero settoriale quando è relativo ad una determinata categoria
- Sciopero bianco quando anziché agire astenendosi dal lavoro si applicano alla lettera regolamenti in grado di causare disagi
- A gatto selvaggio quando ci si ritrova in una catena di montaggio e le varie parti decidono di bloccarsi in tempi diversi arrestando di fatto la produzione per un tempo più o meno prolungato
Il diritto sindacale ha visto nascere negli ultimi tempi ed inevitabilmente un sindacalismo di risposta e cioè quello che potremmo definire “sindacalismo imprenditoriale”.
Quest’ultimo è organizzato esattamente come i sindacati dei lavoratori e comporta quindi la presenza di associazioni imprenditoriali di categoria che stipulano Contratti Collettivi Nazionali di Categoria.
Tra questi vi ricordiamo ad esempio: Confindustria, Confcommercio, Confartigianato e simili.
Per concludere, dunque, vi evidenziamo l’importanza di conoscere la branca del diritto sindacale e tutti i diritti e gli interessi dei lavoratori ricordando che all’interno di ogni luogo di lavoro esistono rappresentanti sindacali di riferimento che fungono da intermediari per la vostra tutela.
Per proteggerti nel tuo ambiente lavorativo, scopri le responsabilità dell'ispettorato del lavoro e della direzione provinciale del lavoro.
Termina qui un altro approfondimento di AreaLavoro. Facci sapere nei commenti se l'hai trovato interessante.