Dopo avervi parlato di buonuscita per il licenziamento, oggi cambiamo decisamente argomento.
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- Cosa cambia a seconda dei contratti di lavoro?
- nullità e annullabilità di un contratto di lavoro: sai come muoverti?
- Quando il preavviso delle dimissioni non è necessario
- Dimissioni Online?
- Quando il datore di lavoro è anche l'RSPP? Vediamo nel dettaglio
- FAQ sul preavviso delle dimissioni per il tempo determinato
Oggi vogliamo concentrarci sul preavviso delle dimissioni per il tempo determinato.
Il preavviso è il tempo, successivo alla data in cui il lavoratore ha presentato le dimissioni, in cui il dipendente continua a svolgere la propria attività lavorativa.
Il numero di giorni di preavviso dipende da:
- il contratto di lavoro,
- il livello di inquadramento,
- la qualifica,
- l’anzianità di servizio.
Cosa cambia a seconda dei contratti di lavoro?
Di seguito riportiamo delle regole generali relative al periodo di preavviso richiesto per ciascun contratto. Per informazioni dettagliate è bene leggere il CCNL di riferimento.
Tempistica per contratti a tempo indeterminato
Precedentemente abbiamo descritto in modo più o meno analitico come presentare il preavviso delle dimissioni per il tempo determinato con il giusto tempismo ma soprattutto nella corretta metodologia. Quando si parla di contratto a tempo indeterminato le cose un po' cambiano e rientrano in gioco anche gli scatti di anzianità e la qualifica del lavoratore. Generalmente i tempi da dover rispettare si dividono in questo modo:
- 15 giorni: se il contratto di lavoro è full time e vi sono più di cinque anni di anzianità
- 8 giorni: se il contratto di lavoro è full time e vi siano un massimo di cinque anni di anzianità
- 4 giorni: se il contratto di lavoro è part-time e vi siano un massimo di due anni di anzianità
- 8 giorni: se il contratto di lavoro è part-time e vi siano più di due anni di anzianità
Non tutti i giorni però vengono considerati utili al fine di dare il giusto preavviso delle dimissioni per il tempo determinato o per i contratti a progetto (co.co.pro) al proprio datore di lavoro. O meglio è giusto specificare che vengono conteggiati solo i lavoratori che effettivamente in quel lasso di tempo si presentano regolarmente a lavoro ipso facto non vengono conteggiate eventuali assenze del lavoratore stesso dovute a:
- Eventuali infortuni;
- Malattia;
- Maternità;
Esistono comunque dei casi dove non è assolutamente necessario presentare le dimissioni entro i termini stabiliti dalla legge. Se infatti il lavoratore e il datore di lavoro riescono a trovare un accordo civile, regolamentato mediante il CCNL, è possibile bypassare questo step e interrompere cordialmente i rapporti di collaborazione. Ovviamente, e come ripetuto, vi deve essere un accordo obbligatorio tra le parti viceversa è necessario presentare le dimissioni entro i termini citati precedentemente.
Ma cosa succede se non si rispettano i tempi e i modi? IL CCNL, come è giusto che sia, non tutela solo ed esclusivamente il lavoratore ma anche colui che permette allo stesso di offrire le proprie prestazioni. A tal proposito, e onde evitare ulteriori problematiche tra le parti, sono previste delle sanzioni per tutti coloro che non rispettano modi e tempi.
Se vuoi andare in profondità rispetto ad alcuni argomenti relative ai contratti, leggi il nostro articolo sul lavoro a intermittenza.
Contratto a tempo determinato
Nel contratto di lavoro a tempo determinato, non è previsto un periodo di preavviso in caso di dimissioni del lavoratore. Se il dipendente sceglie di terminare il contratto prima del termine stabilito, è tenuto a risarcire il datore di lavoro per eventuali danni, a meno che le dimissioni non siano giustificate da una giusta causa. Analogamente, questo principio si applica anche nel caso in cui sia il datore di lavoro a licenziare il dipendente prima della scadenza del contratto.
Se vuoi saperne di più sui contratti lavorativi, ti suggerisco di scoprire le caratteristiche del contratto per cooperative sociali.
Procedura per il modulo di preavviso delle dimissioni per il tempo determinato
Molto spesso chi ha un lavoro, per motivi di varia natura o semplicemente perché riesce a trovare un'occupazione a condizioni economiche e pratiche più vantaggiose rispetto alla precedente, decide di chiedere le dimissioni.
Se il licenziamento si verifica quando il datore di lavoro decide di dispensare il lavoratore dalle sue regolari mansioni e attività, le dimissioni nascono dalla decisione spontanea del lavoratore stesso di lasciare la propria occupazione. Le dimissioni sono inoltre regolamentate dal Contratto Nazionale Collettivo.
Come per il licenziamento, anche nel caso delle dimissioni è necessaria e obbligatoria la consegna di una lettera che indichi le motivazioni e le cause di tale scelta. La lettera di dimissioni va inviata seguendo le regole di preavviso delle dimissioni per il tempo determinato riportate sul contratto stesso stipulato in precedenza col datore di lavoro.
A partire dal 12 marzo 2016, le dimissioni (ad esclusione dei casi di lavoratori in prova o dimissioni entro i primi tre anni di vita di un figlio) si presentano al datore di lavoro esclusivamente per via telematica oppure online.
La trasmissione deve avvenire tramite PEC con la compilazione di un modulo standard che si può scaricare dal sito del Ministero del Lavoro. Questa procedura elimina il rischio di alterazioni e fornisce una data sicura di invio della richiesta di dimissioni. Il modulo può essere compilato e inviato dal lavoratore stesso in autonomia e in possesso delle credenziali oppure tramite gli intermediari abilitati come sindacati, patronati, agenzie di consulenza del lavoro. Per determinare la decorrenza del periodo di preavviso fa fede la data di trasmissione del modulo e indicato sullo stesso.
Per approfondire ulteriormente, ti suggeriamo di consultare il nostro articolo sulla lettera di licenziamento per la colf.
Come compilare il modulo
Il modulo deve includere in primis le motivazioni della scelta e inoltre all'interno di essa devono essere riportati i seguenti dati: il luogo e la data; l'indirizzo della società o della persona a cui la lettera di dimissioni è diretta; la comunicazione stessa della fine del rapporto di lavoro col datore.
Per essere autenticato, il modulo andrà firmato sia dal lavoratore che richiede la sospensione del lavoro, sia dall'interlocutore/datore di lavoro a cui la stessa è indirizzata. La lettera di dimissioni andrà poi redatta in duplice copia.
Scopri anche le caratteristiche della lettera di richiamo.
Attenzione alla forma quando scrivete il preavviso delle dimissioni per il tempo determinato!
È infine necessario scrivere il modulo per il preavviso delle dimissioni per il tempo determinato dal proprio posto di lavoro usando toni formali, cortesi ed educati, al fine di non recidere in modo drastico i rapporti con l'azienda; questo perché potrebbe rivelarsi utile in futuro qualora si desiderasse ritornare a lavorare all'interno dell'impresa in questione.
Preavviso contratto di formazione lavoro
Tale contratto è disciplinato dal CCNL come un contratto di lavoro a termine, per tale ragione non è prevista la rescissione prima del termine fissato come scadenza, salvo in caso di dimissioni per giusta causa. Per questa ragione, coloro che hanno un contratto di formazione lavoro devono far riferimento ai termini del CCNL per quanto riguarda il preavviso.
Preavviso contratto collaborazione coordinata e continuativa
A meno che le due parti non abbiano stabilito per iscritto un tempo minimo di preavviso in caso di rescissione dal contratto, il rapporto di Lavoro parasubordinato può essere rescisso in qualunque momento dalle due parti.
Contratto di lavoro temporaneo
Dal momento che il contratto di lavoro temporaneo o interinale può essere sia a tempo determinato che indeterminato, in base alla tipologia il preavviso delle dimissioni seguirà le regole previste per i contratti corrispondenti.
nullità e annullabilità di un contratto di lavoro: sai come muoverti?
Un contratto può essere considerato invalido quando presenta difetti, alterazioni o irregolarità di tale gravità da liberare le parti dall'obbligo di adempiere alle clausole stabilite nel contratto. Le forme principali di invalidità contrattuale sono:
- Nullità: il contratto non genera alcun effetto legale.
- Annullabilità: il contratto ha effetti legali, ma possono essere annullati in seguito alla richiesta di uno dei contraenti e tramite sentenza giudiziale.
Un contratto può essere dichiarato nullo se:
- Manca uno dei requisiti fondamentali, come l'accordo tra le parti, l'oggetto del contratto, la causa o la forma prevista dalla legge.
- Il suo contenuto è illecito, ovvero mira a conseguire risultati contrari all'ordine pubblico, alla moralità o a norme imperative, ovvero norme che non possono essere derogate dall'accordo privato.
- Il suo contenuto è fraudolento rispetto alla legge, ovvero il contratto è formalmente valido, ma le sue finalità sono illecite.
Un contratto nullo non ha alcun effetto legale e le prestazioni eventualmente già eseguite devono essere restituite. La nullità è insanabile, permanente e convertibile. Un contratto può essere annullato se è stato concluso da una persona:
- Legalmente incapace di agire,
- Incapace di intendere e di volere,
- In errore (ovvero ha una percezione errata della realtà),
- Ingannata o indotta in errore da qualcuno (dolo),
- Minacciata da un danno ingiusto e significativo (violenza).
Il contratto annullabile produce i suoi effetti: tuttavia la parte incapace, o quella la cui volontà è viziata, può ottenere che l’autorità giudiziaria emani una sentenza che elimini tali effetti, detta sentenza d’annullamento. L’annullamento del contratto può essere chiesto solo dalla parte interessata entro 5 anni, quindi è sanabile e non perpetuo.
Le cause che legittimano la cessazione di un contratto, come riconosciuto dalla legge, sono numerose. Tra queste figurano la rescissione e la risoluzione, che si riferiscono a difetti nel rapporto contrattuale stesso, nonché la dichiarazione di nullità e l'annullabilità, che riguardano specificamente i vizi dell'atto contrattuale. Questa distinzione tra nullità e annullabilità, entrambe forme di invalidità contrattuale, è stata codificata nel 1942, sostituendo il precedente codice del 1865, che prevedeva solo la nullità, seguendo il modello francese. Al di là della nullità, l'annullabilità rappresenta un'altra causa di invalidità contrattuale, adeguatamente disciplinata dal nostro attuale codice civile. L'incapacità di una delle parti, o un consenso ottenuto attraverso l'errore, la violenza, o il dolo, sono tutte cause di annullabilità del contratto.
A differenza della nullità, l'annullabilità può essere invocata solo dalla parte interessata ed è soggetta a un termine di prescrizione di cinque anni. Il codice civile attuale prevede la convalida e la rettifica del contratto, strumenti che permettono di rimediare, totalmente o parzialmente, agli effetti di un contratto annullabile, a condizione che sussistano i requisiti per la convalida o la rettifica.
In base all'art. 1418 del codice civile, un contratto può essere dichiarato nullo in presenza di specifiche circostanze, tra cui: contrarietà a norme imperative, mancanza di uno dei requisiti dell'art. 1325 del codice civile, illecitudine della causa o dei motivi, in assenza di giustificazione valida, se tali cause o motivi sono determinanti per la conclusione del contratto, impossibilità, illiceità, indeterminatezza o indeterminabilità dell'oggetto del contratto, e in tutti gli altri casi previsti dalla legge.
Alle cause dell'annullamento del contratto, va aggiunta la rescissione
Un contratto può essere rescisso quando le condizioni si rivelano estremamente sfavorevoli per una delle parti, che si trova in uno stato di pericolo o di necessità. La conclusione del contratto avviene con l'esecuzione della prestazione pattuita. La risoluzione del contratto, ovvero la sua dissoluzione, si applica solo ai contratti con prestazioni reciproche e può essere attuata in presenza di specifiche situazioni, come l'inadempimento di una delle parti, la sopravvenuta impossibilità di adempiere o un'ingiustificata onerosità che si manifesta successivamente alla stipulazione del contratto.
Modalità per reagire all'inadempimento
Un contraente può reagire all’inadempimento dell’altro contraente in diversi modi, che andiamo ad elencare:
- sospendere il proprio adempimento (temporaneamente)
- chiedere al giudice la condanna a adempiere al contraente inadempiente
- chiedere la giudice la risoluzione
- inviare al contraente inadempiente una diffida a adempiere entro un certo termine
Il contratto risolto per inadempimento è sciolto, le prestazioni già effettuate devono essere restituite. La risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta si ha nei contratti a esecuzione differita o periodica che possono essere risolti quando, dopo la stipulazione e prima che sia iniziata l’esecuzione, si verifica uno squilibrio di valore tra le prestazioni, dovuto a eventi straordinari. L’impossibilità sopravvenuta non imputabile al debitore di una prestazione produce la risoluzione.
Quando il preavviso delle dimissioni non è necessario
Non è necessario il periodo di preavviso dimissioni nei seguenti casi:
- se il datore di lavoro venga a conoscenza delle dimissioni e dia il suo consenso,
- se si verifica una "causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto" (art. 2119 c.c.), s'intende in questo caso la presentazione di dimissioni per giusta causa,
- durante il periodo di prova.
Che cosa è l'indennità di mancato preavviso
Qualora il lavoratore comunichi le proprie dimissioni senza preavviso, il datore di lavoro ha diritto a richiedere una "indennità di mancato preavviso", pari all’importo delle retribuzioni che sarebbero spettate per il periodo di preavviso non lavorato (art. 2118, 2° comma c.c.).
Non si considerano nel calcolo dei giorni di preavviso delle dimissioni eventuali assenze del lavoratore dovute a malattia, infortunio, ferie o maternità. In tali situazioni, il periodo di preavviso per le dimissioni ricomincia dal giorno in cui il dipendente torna al lavoro e si è conclusa la causa dell'assenza.
Periodo di preavviso disciplinato dai CCNL
Le regole che stabiliscono la durata e il numero di giorni del preavviso per le dimissioni sono definite nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) pertinente e dipendono anche dal livello di inquadramento, dalla qualifica e dall'anzianità di servizio del lavoratore.
Dimissioni Online?
La legge 188/07 ha introdotto una nuova procedura per le dimissioni online, vediamo chi interessa e quando la disciplina non si applica.
Ecco i soggetti che per presentare le proprie dimissioni, devono seguire la procedura online:
- lavoratori con contratto di lavoro subordinato (in base all’art. 2094 del C.C. compreso il lavoro nella P.A. e il lavoro domestico)
- soggetti che prestano lavoro parasubordinato, contratti di collaborazione coordinata e continuativa, contratto a progetto
- lavoratori con contratti di collaborazione di natura occasionale,
- lavoratori con contratti di associazione in partecipazione
- contratti di lavoro instaurati dalle cooperative con i propri soci
- lavoratrici madri nel periodo in cui opera il divieto di licenziamento previsto dall'art. 54 del TU 151/2001.
Casi e soggetti esclusi dalla procedura
La disciplina derivante dalla legge 188/07 non si applica ai seguenti casi e soggetti:
- in caso di rapporti di lavoro marittimo,
- in caso di dimissioni incentivate laddove si basino sulla risoluzione consensuale del rapporto;
- in caso di Collocamento di quiescenza e di collocamento in pensione;
- alle cessazioni di contratto, in quanto la cessazione del rapporto avviene con accordo trilaterale;
- agli stage e tirocini in quanto non costituiscono rapporti di lavoro autonomo nè subordinato;
- alle prestazioni di lavoro accessorio;
- alle prestazioni di lavoro occasionale svolte in regime di piena autonomia ex art. 2222 c.c.;
- in caso di dimissioni di componenti di organi di amministrazione e di controllo di società e partecipanti a collegi e commissioni purchè si configurino come rapporti di lavoro autonomi
- ai rapporti di impiego pubblico non privatizzati e dunque non contrattualizzati (ai sensi dell'art. 3 D.Lgs. 165/2001) e cioè:
- avvocati e procuratori dello Stato
- personale della carriera diplomatica e prefettizia
- dipendenti della Banca d'Italia ( D.Lgs. CPS 691/1947)
- dipendenti della CONSOB (Legge 281/1985)
- dipendenti della ISVAP
- dipendenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Legge 287/1990)
- dipendenti dell'Autorità per i servizi di pubblica utilità (Legge 481/1995)
- dipendenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Legge 249/1997).
Quando il datore di lavoro è anche l'RSPP? Vediamo nel dettaglio
Nei seguenti casi:
- Aziende artigiane ed industriali, fino a 30 addetti
- Aziende agricole e zootecniche, fino a 10 addetti (addetti assunti a tempo indeterminato)
- Aziende della pesca, fino a 20 addetti
- Altre aziende, fino a 200 addetti
Il RSPP quindi può coincidere con tre soggetti diversi:
- persona interna all’azienda,
- datore di lavoro,
- soggetto esterno all’azienda.
Sono stabiliti dall'art. 32 del D.Lgs.81/2008 e s.m.i. Per quanto concerne i compiti, il RSPP dovrà svolgere le seguenti azioni:
- Prendere in analisi la documentazione e le attività lavorative, i compiti dei lavoratori e analizzare l’ambiente di lavoro.
- Identificare e quantificare i rischi ed elaborarli in una documentazione
- Aggiornare le misure di prevenzione
- Informare i lavoratori sugli eventuali rischi. E' bene che il singolo dipendente si informi preventivamente.
Cosa rischia il datore di lavoro?
Leggendo il testo del Decreto Legislativo del 2008, questa figura non viene chiamata in causa perchè a selezionarlo è proprio il datore di lavoro. Come detto prima, il datore di lavoro può scegliere tre vie, se afffidare questa carica esternalmente, assumerla lui direttamente o scegliere una persona interna all’azienda. L’obiettivo non è quello di puntare alla sua formazione quanto quello di scegliere la persona giusta attraverso l’analisi delle competenze richieste per quel delicato ruolo. Gli eventuali rischi, o sanzioni, in cui potrebbe ricorrere il datore di lavoro si possono quindi solo dedurre. Nel primo e terzo caso, ossia la scelta di una persona esterna o interna all’azienda, la colpa maggiore è la sbagliata designazione mentre nel secondo caso il datore di lavoro potrebbe essere incolpato di non aver frequentato gli appositi corsi di formazione e aggiornamento.
Il Ministero ha voluto inoltre precisare altri aspetti riguardo questa figura. Nei casi di astensione per la maternità, il datore di lavoro è tenuto a sostituire questa figura attraverso un contratto a termine. La persona da scegliere dovrà far parte della struttura interna, a meno che la stessa sia ridotta di dimensioni e numeri tali da portare a una scelta esterna per coprire questo ruolo. Un ruolo, precisato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che richiede una presenza costante sul posto di lavoro visto soprattutto la natura e la delicatezza della mansione in questione.
La sicurezza sul lavoro
Questo argomento non può non chiamare in causa il tema tanto complesso quanto delicato delle morti bianche, ossia avvenute sul posto di lavoro. Questi incidenti infatti sono la piaga più dolorosa da constatare perchè non si deve morire semplicemente per aver svolto il proprio lavoro. Purtroppo gli ultimi dati su questo tema non sono di certo positivi, con alcune Regioni che sono in testa a questa triste classifica. Un problema che coinvolge tanto il Nord quanto il Sud, con storie di operai vittime sul proprio posto di lavoro che sono diventate ormai sfortunatamente cronaca quasi quotidiana. Accanto quindi alla riforma del mercato del lavoro, deve esserci un’altra parallela di quella sulla sicurezza, partendo dalla famosa legge del 2008, varata dopo il disastro della Thyssen. Far applicare veramente le leggi e controlli rigidi e più stringenti nelle fabbriche: bisognerebbe partire da questi due punti per evitare questa piaga sociale che solo nei primi sei mesi del 2014 ha provocato già 457 vittime.
Gli obblighi del datore di lavoro: quali sono?
Chiunque sia a capo di un’attività, oltre che con delle pesanti responsabilità, deve fare i conti con una serie di obblighi. Uno tra i tanti è quello di far coincidere il pagamento ai propri dipendenti nei range temporali stabiliti all’interno del contratto. Per i propri collaboratori infatti, il datore di lavoro deve rispettare le indicazioni stabilite all’interno del contratto nazionale del lavoro. Nell’eventualità in cui il datore non adempiesse a questo obbligo (che corrisponderebbe ad un pagamento non avvenuto), il dipendente è nel pieno diritto di dimettersi per una causa corretta, senza dare un preavviso. In questo caso il dipendente avrebbe comunque diritto alla disoccupazione. Il secondo obbligo che è tenuto a rispettare il datore di lavoro è relativo alla sicurezza: l’imprenditore infatti, nell’esecuzione del suo esercizio, deve salvaguardare la sicurezza fisica e morale dei suoi dipendenti. Se quest’obbligo non venisse rispettato in maniera sicura, allora è possibile incorrere a delle vere e proprie sanzioni penali. Il terzo obbligo che qualsiasi datore di lavoro dovrebbe rispettare riguarda le assicurazioni: per tutelare i propri collaboratori, il datore di lavoro deve rispettare le indicazioni dell’INAIL e dell’INPS, che suggeriscono i protocolli da adottare nel caso in cui il proprio dipendente subisse un infortunio sul lavoro o avesse necessità di qualche giorno di malattia personale. È proprio l’INPS infatti che garantisce le assicurazioni sociali di tutti i dipendenti, ed è per questo che un buon datore deve osservare le regole del protocollo. Il quarto obbligo di un buon datore di lavoro riguarda invece l’obbligo della tutela dei dati personali: un’azienda infatti possiede numerosi dati sensibili dei propri dipendenti e, rispetto a questi, bisogna adottare un sistema di sicurezza. Il regolamento dell’Unione Europea del 2016 da delle indicazioni precise e dichiara che gli stati devono possedere delle leggi dedicate all’uso dei dati personali e alla privacy.
FAQ sul preavviso delle dimissioni per il tempo determinato
Qual è il preavviso richiesto per le dimissioni per un contratto a tempo determinato?
Il preavviso richiesto per le dimissioni per un contratto a tempo determinato dipende dalla durata del contratto. In generale, se la durata del contratto è inferiore a 6 mesi, il preavviso richiesto è di almeno 15 giorni. Se la durata del contratto è superiore a 6 mesi, il preavviso richiesto è di almeno 30 giorni.
Cosa succede se non rispetto il preavviso richiesto per le dimissioni per un contratto a tempo determinato?
Se non si rispetta il preavviso richiesto per le dimissioni per un contratto a tempo determinato, il lavoratore potrebbe essere tenuto a pagare una penale o a risarcire l'azienda per eventuali danni causati dal mancato rispetto del preavviso. Inoltre, potrebbe essere difficile ottenere un nuovo lavoro in futuro se si è dimessi senza rispettare il preavviso richiesto.
Posso negoziare il preavviso richiesto per le dimissioni per un contratto a tempo determinato?
In linea di principio, il preavviso richiesto per le dimissioni per un contratto a tempo determinato è stabilito dalla legge o dal contratto collettivo applicabile. Tuttavia, in alcuni casi, potrebbe essere possibile negoziare il preavviso richiesto con il datore di lavoro. È importante discutere di questa possibilità con il datore di lavoro prima di presentare le dimissioni.
Se desideri ottenere una panoramica esauriente sulle diverse tipologie di contratti di lavoro disponibili in Italia, ti consiglio di leggere questo approfondimento che analizza i livelli di contratto per i chimici.