Dopo avervi parlato di come ottenere una licenza per tabacchi, oggi cambiamo decisamente argomento. Per motivi di diversa natura, il lavoratore è spesso costretto a richiedere dei determinati periodi di assenza dal lavoro, al di fuori delle ferie stabilite e che gli spettato. Questo tipo di astensioni dall’attività lavorativa vengono chiamati permessi lavoro. Essi non sono assolutamente uguali alle ferie, bensì sono dei periodi che il lavoratore richiede perché gli servono a risolvere determinate questioni o perché impossibilitato a lavorare per motivi fisici o altro.
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- Che cosa è il permesso di lavoro
- I permessi lavorativi relativi alla maternità
- Durata del permesso parentale
- Permessi per lutto: ecco quanti giorni vi spettano
- Come si richiede un permesso retribuito
Che cosa è il permesso di lavoro
Il permesso di lavoro è dunque una richiesta fatta dal lavoratore al suo datore di lavoro, per sospendere la propria attività per un lasso di tempo stabilito in precedenza. Il permesso di lavoro può essere sia retribuito che non retribuito; questo dipende dalla tipologia del congedo che si richiede. Solitamente serve compilare un modulo di richiesta che varia a seconda della natura per permesso di lavoro richiesto.
Il datore di lavoro può anche decidere di non concedere il permesso di lavoro al proprio dipendente, perché non ritiene sia necessario o perché non condivide o non accetta le motivazioni dategli dal lavoratore che lo richiede. Il permesso di lavoro è regolamentale inoltre dal CCNL, dalle leggi dello Stato e dai Contratti Collettivi. Il permesso di lavoro, ai sensi della legge, consente inoltre la possibilità del mantenimento del posto di lavoro e il riconoscimento dell’anzianità di servizio.
Tipologie permesso di lavoro
I principali tipi di permessi lavoro sono i seguenti:
- per lutto;
- per maternità e per paternità;
- per handicap mentale o fisico;
- per formazione;
- per matrimonio;
- per motivi familiari;
- per studio.
- ex festività
Sono solitamente permessi di lavoro retribuiti i seguenti: matrimoniale; parentale; per l’assistenza dei disabili; per motivi personali e/o familiari; per studio; formativi; per visite mediche; per i donatori di midollo osseo o di sangue; per attività sociali e di volontariato; per cariche pubbliche ed elettive.
I permessi lavorativi relativi alla maternità
Per quanto riguarda le lavoratrici, esiste una particolare forma di trattamento economico relativo alla possibilità che la donna entri in gravidanza durante il rapporto di lavoro. Solitamente si va fin da subito, in sede di contratto, a definire la tipologia di stipendio e permesso, che prenda in causa anche la possibilità di maternità, sia naturale che in caso di adozioni e affidamenti.
Questo tipo di permessi riguardano naturalmente la donna, ma anche per gli uomini è previsto il riconoscimento di una serie di diritti legati alla possibilità di assentarsi da lavoro in caso di paternità.
In particolare, per quanto riguarda la possibilità di godere di periodi di permessi retribuiti da parte delle future mamme, si parla innanzitutto di un periodo di astensione obbligatoria che va dai due mesi che precedono il parto (o comunque la data presunta tale) fino ai tre mesi successivi alla data in cui è avvenuto realmente il parto. In questo periodo viene garantita la totale sospensione del lavoro “causa maternità”. Esiste poi un periodo di astensione definita facoltativa, in cui sia il padre che la madre, in seguito al parto, possono fare ricorso. Si tratta di 10 mesi di permesso complessivo, da sfruttare a partire dalla data del parto, fino al compimento degli 8 anni da parte del bambino.
Sempre per garantire alla mamma un periodo di serenità da dedicare alle cure del figlio, la legge prevede anche una serie di permessi da dedicare all'allattamento. Durante il primo anno di vita, per la madre sono garantite due ore al giorno di pausa dal lavoro. Anche nel caso di malattia del bambino, padre e madre possono godere di permessi particolari, sempre fino al compimento degli 8 anni.
Durata del permesso parentale
Il periodo massimo è di 10 mesi, che può essere in questo modo frazionato:
- Alla mamma è riconosciuto un periodo facoltativo che non può sorpassare i 6 mesi
- Al papà viene dato un periodo facoltativo che non può superare i 6 mesi. Possono diventare 7 se il padre usufruisce del periodo per almeno 3 mesi.
- Il limite complessivo non può comunque superare 11 mesi.
- Alle libere professioniste è dato il diritto di fruirne per un massimo di tre mesi
- Nei casi di handicap (Legge n. 104/1992 art. 4, comma 1) la legge fornisce un permesso parentale per la lavoratrice madre oper il padre che può essere prolungato fino a tre anni.
La nuova disciplina per il permesso parentale
Le novità nascono dalla fusione di tre leggi: la legge Fornero (92/2012), il Decreto Sviluppo e il Decreto “Anti-infrazioni Ue”.
La legge Fornero fa scattare dal 1 gennaio 2013 un regime sperimentale che implica, in primo luogo, l'obbligo del padre ad astenersi dal lavoro per un giorno in occasione della nascita del figlio. I giorni possono essere estesi a tre, anche consecutivi, ma il datore di lavoro dev'essere avvisato 15 giorni prima.
Per questi giorni, il lavoratore ha diritto ad una retribuzione giornaliera pari al 100% del suo compenso.
La madre, inoltre, ha diritto a un voucher per l'assunzione di una baby sitter.
Il Decreto Sviluppo semplifica la procedura per l'invio delle certificazioni di malattia. La procedura è estesa anche nei casi di maternità e congedi parentali.
L'articolo 47 chiarisce che ai genitori è concesso assentarsi dal lavoro per i periodi corrispondenti alle malattie dei figli di età non superiore ai tre anni. Se l'età dei bambini va dai tre agli otto, i giorni disponibili sono cinque.
Il Decreto “Anti-infrazioni” presenta la possibilità di usufruire di permessi “ad ore”, aprendo ad un'opzione molto utile per i genitori. Il decreto lascia alle contrattazioni collettive i dettagli di questa forma.
A chi spetta il congedo?
- Lavoratori e lavoratrici dipendenti
- Lavoratori e lavoratrici agricoli con contratto a tempo determinato
- Lavoratori e lavoratrici parasubordinate a condizione che siano iscritte come lavoratori a progetto e categorie assimilate, abbiamo almeno tre mesi di contribuzione nei 12 mesi precedenti, esista un rapporto di lavoro valido, vi sia l'effettiva astensione dall'attività lavorativa
- Lavoratrici autonome
- Lavoratori e lavoratrici disoccupate
Si noti che l'intera disciplina è indirizzata ai soli genitori, sia naturali che adottivi.
La domanda per l'astensione facoltativa dal lavoro
Occorre compilare un modulo disponibile sul sito dell'Inps e inviarlo alla sede dell'Inps di appartenenza prima del periodo di permesso parentale. Il datore di lavoro, inoltre, dev'essere informato con un preavviso di 15 giorni.
Congedo parentale, gli importi
Il congedo parentale prevede un’indennità il cui valore cambia a seconda dell’età del figlio. Questa somma è a carico dell’INPS, ma tecnicamente è il datore di lavoro ad anticiparla sulla busta paga. Il titolare recupera poi l’indennità versata anticipatamente tramite un conguaglio che si calcola direttamente sui contributi da versare tramite modello F24. Ma vediamo più nel dettaglio quanto spetta al lavoratore come somma quando parliamo di permesso parentale.
Per informazioni dettagliate sulle buste paga, consulta i nostri approfondimenti: Buste paga INAIL, Guida alla compilazione della busta paga e detrazioni fiscali con figli a carico.
Tanto per cominciare, il congedo parentale prevede un’indennità pari al 30% dello stipendio mensile se il bambino ha fino a sei anni e per un periodo di tempo non superiore ai sei mesi. Questa somma non cambia anche tra i sei e gli otto anni del figlio, ma soltanto con condizioni di reddito specifiche da parte del genitore che ne fa richiesta. Per indennità richiesta tra gli otto anni e un giorno e i dodici anni del figlio, non spetta praticamente alcun tipo di indennità.
Naturalmente, un’ulteriore distinzione va fatta tra i lavoratori dipendenti e quelli parasubordinati o autonomi. Questi ultimi, infatti, hanno diritto a un’indennità per congedo parentale pari a circa il 30 per cento della retribuzione normale, per chi lavora autonomamente viene calcolato, direttamente dall’INPS, un importa sulla base di una “retribuzione convenzionale” a seconda della tipologia di lavoro. Dunque qui non si fa riferimento all’età del figlio, ma solo alla retribuzione. Inoltre, l’indennità per permesso parentale non include il versamento della tredicesima e nemmeno del trattamento di fine rapporto.
Il nostro articolo sulla tredicesima mensilità in maternità è una fonte preziosa di informazioni dettagliate.
Discorso differente, invece, nel caso in cui il figlio abbia un handicap grave. In questa eventualità è la legge numero 151 del 2001 ad aver integrato ulteriormente le regole già previste dalla legge numero 53 del 2000. L’integrazione del 2001, difatti, ha introdotto la possibilità per genitori di figli affetti da un handicap grave, di richiedere due anni di congedo parentale retribuito potendone usufruire in maniera continuativa o anche frazionata. Affinché questa condizione sussista, tuttavia, il figlio disabile non deve essere ricoverato a tempo pieno, a meno che la richiesta di indennità non arrivi direttamente dalla struttura sanitaria. Nel caso di più di un figlio disabile, si può richiedere più di una indennità per congedo parentale. Esattamente come abbiamo già visto, anche nel caso di disabilità, il permesso parentale viene concesso sia al padre che alla madre, anche qualora siano adottivi. Il congedo può anche essere esercitato in modo non continuativo, a patto che nel periodo in cui sia effettivo l’altro genitore non utilizzi il permesso parentale previsto dalla cosiddetta legge 104.
Permessi per lutto: ecco quanti giorni vi spettano
Quando un familiare muore, il lavoratore ha diritto, per legge, ad alcuni giorni di permesso parentale per lutto, ma è necessario conoscere i dettagli della normativa al fine di comprendere quanti siano i permessi che durante l’anno si possono richiedere, quanto duri ogni singolo permesso parentale e le modalità per effettuare la richiesta, tutti elementi basati sul grado di parentela con il defunto. La prima cosa che è necessario sapere è che non tutti i lutti permettono di richiedere ed ottenere un permesso senza rinunciare alla propria retribuzione giornaliera, per questo è necessario che si tratti di un lutto familiare, in particolare entro il secondo grado, viceversa sarà necessario procedere in altro modo per assistere ad un funerale.
Ad averne diritto sono tutti i lavoratori dipendenti (pubblici e privati) ma non ne possono godere i tirocinanti, i collaboratori ed i lavoratori non subordinati e i giorni messi a disposizione dalla legge, nell’arco di un anno, sono tre e possono anche non essere continuativi. Nonostante non vi rientrino parenti come i figli dei propri fratelli, i bisnonni oppure il/la suocero/a od il/la cognato/a, per esempio, è importante sapere che vi sono molti contratti collettivi che estendono la facoltà di estendere il proprio diritto ad ottenere permessi di questo genere anche ad altri casi come questi.
In questo caso per poterne godere è necessario informare il datore di lavoro dell’evento e specificare in quali giorni ci si assenterà per il motivo sopra citato allegando alla richiesta una dichiarazione in grado di attestare la morte della persona (in genere il certificato di morte che viene rilasciato dal Comune). Sappiate, inoltre, che vi è un’alternativa ai tre giorni di permesso parentale: qualora lo riteneste funzionale alle vostre esigenze potreste chiedere una riduzione dell’orario di lavoro tale da corrispondere ai permessi, finendo quindi per protrarsi per un periodo più duraturo nel tempo (nonostante la durata sia la stessa), ma in questo caso è necessario che si stipuli un accordo scritto tra l’azienda e il richiedente.
Si tratta di informazioni che è necessario conoscere al fine di comprendere quali siano i vostri diritti in quanto lavoratori dipendenti e come comportarsi in caso di situazioni delicate come queste.
I lavoratori, sia nel settore privato che nel settore pubblico, hanno diritto a dei permessi di lavoro retribuiti in specifiche situazioni. I permessi retribuiti possono essere concessi per gravi infermità del coniuge (anche legalmente separato) o in caso di lutto. Il permesso retribuito consiste in tre giorni all'anno, che devono essere utilizzati nell'arco di sette giorni successivi all'avvenimento del lutto o all'accertamento dell'infermità grave. Il conteggio dei giorni esclude i giorni festivi e non lavorativi. Oltre questo termine, il permesso retribuito non viene concesso.
Per i dipendenti del settore pubblico, è prevista una tutela maggiore: possono richiedere tre giorni di permesso retribuito per ogni evento luttuoso. In questo modo, i lavoratori del settore pubblico hanno una maggiore flessibilità nel caso si verifichino più eventi luttuosi in un anno.
In questo caso vengono conteggiati come giorni consecutivi di calendario comprensivi, quindi, di festivi e non lavorativi.
Oltre ai permessi retribuiti di cui abbiamo fatto menzione finora, ovvero per lutto o infermità grave, i lavoratori possono richiedere a pieno diritto l'astensione pagata dal servizio anche in altre situazioni.
Per quanto riguarda le situazioni familiari, esistono una serie di permessi di cui è possibile godere: innanzitutto, quelli spettanti in caso di matrimonio. Comprendendo il giorno dedicato alla cerimonia, spettano ai lavoratori 15 giorni di ferie retribuite, da spendere durante l'anno solare di riferimento della data del matrimonio. Naturalmente sono giorni di ferie che non vanno ad intaccare il monte accumulato in precedenza e possono essere anche considerati anche per l'anzianità di servizio.
Oltre al matrimonio, è possibile chiedere permessi speciali in caso di nascita, adozione o affidamento dei figli. Questo diritto non è appannaggio delle sole donne ma anche dei papà. Altri casi possibili sono legati a motivi personali e familiari ritenuti abbastanza gravi non tanto da chi vuole beneficiarne, ma soprattutto dall'ufficio del Personale di riferimento. I giorni previsti per questi casi particolari sono 3 all'anno, e possono essere comunque convertiti in 18 ore, sempre da scalare durante l'anno di riferimento.
La richiesta di assentarsi dal posto di lavoro, senza però perdere la possibilità di accumulare le ferie o comunque la paga piena relativa a quel giorno, può anche essere legata ad un dovere civico importante, ovvero la donazione del sangue o del midollo osseo. La durata prevista dipende dal tipo di intervento, dalle modalità di prelievo e di controllo, e anche dal tempo previsto per la perfetta riabilitazione del soggetto.
Un'ultima tipologia è quello ottenuto in caso di concorsi o esami da parte del dipendente, che naturalmente dovrà dimostrare all'ufficio del personale, attraverso apposita documentazione, l'avvenuta partecipazione alla prova o all'evento particolare. In tutto l'anno, i giorni che possono essere richiesti dal lavoratore sono un massimo di 8. Questo può succedere nel caso di persone che stanno frequentando l'università mentre lavorano, oppure devono sostenere esami di diverso spessore.
Come si richiede un permesso retribuito
Per ottenere il permesso retribuito è necessario comunicare per tempo le motivazioni che spingono a tale richiesta, documentandole in modo appropriato e corredandole di eventuale certificazione o autocertificazione concessa dalle autorità comunali di competenza. Bisognerà inoltre comunicare la cosa al Responsabile della Struttura e stabilire con esso le dinamiche del permesso.
L'accordo andrà stilato in forma scritta e dovrà contenere le ore di permesso retribuito stabilite e i giorni di verifica nei casi di infermità; il controllo avviene mediante consegna al datore di lavoro del carteggio medico.
Gli obblighi del datore di lavoro
Entro cinque giorni dal primo di congedo retribuito, il datore di lavoro deve obbligatoriamente inviare una comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro - Servizio ispezione del lavoro, contenente i nomi dei suoi dipendenti in permesso. Il lavoratore, pubblico e privato, ha diritto al permesso retribuito nell'eventualità di decesso o infermità di:
- un familiare fino al secondo grado, come fratello, sorella, nonno, nipote in quanto figli di un proprio figlio, anche se non vive insieme al lavoratore, qualsiasi componente della famiglia anagrafica del lavoratore;
- per le famiglie di fatto, un individuo appartenente a livello anagrafico al nucleo familiare;
- marito o moglie, anche divorziati o separati.
Giorni entro cui usufruirne
E' necessario usufruire del permesso retribuito entro sette giorni dal decesso e non andranno calcolati in esso i giorni non lavorativi e festivi. Se l'infermità del parente o del coniuge cessa, il lavoratore dovrà riprendere a svolgere le sue regolari mansioni.