Dopo aver pubblicato un approfondimento sulla buonuscita per il licenziamento e di come funziona la pensione per i superstiti, oggi vi proponiamo un nuovo tema. In alcuni casi, l’imprenditore può infatti adottare il principio di mobilità, detto anche licenziamento collettivo.
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- L'azienda ha due possibilità
- I presupposti per avviare il Licenziamento collettivo
- Cosa spetta al lavoratore in caso di licenziamento collettivo?
- Quand'è che il datore di lavoro ha l'obbligo di repêchage?
- Quali sono i criteri di scelta del personale da licenziare nel licenziamento collettivo?
- Quali sono le ultime novità in Italia?
- Quanto dura la procedura di licenziamento collettivo?
- FAQ
Si verifica quando l’azienda, a causa di problemi interni alla stessa e legati a un periodo di crisi necessita di meno dipendenti; il proprietario dell’impresa si vedrà dunque costretto a ridimensionare il suo personale. Indirizzato dunque a più lavoratori e non ad un singolo, nasce dall’esigenza di una trasformazione, di una riduzione oppure di una chiusura definitiva dell’operato dell’azienda in questione. Può avvenire solo per le imprese che hanno alle loro dipendenze più di quindici lavoratori. Il licenziamento collettivo è regolamentato dalla legge del 23 luglio 1991, numero 223.
Il licenziamento collettivo, regolato in Italia dal D.lgs. n. 23/2015 e art. 24 e seguenti della legge n. 223/1991, si verifica quando un'azienda intende procedere con la cessazione del rapporto di lavoro di almeno cinque lavoratori nel corso di 120 giorni, in una singola unità produttiva o in più unità produttive situate all'interno della stessa provincia.
L'azienda ha due possibilità
Collocamento in mobilità
Nel momento in cui un’azienda va in crisi, prende avvio il programma di cassa integrazione guadagni straordinaria ma solo nei casi in cui l’impresa in questione abbia più di quindici dipendenti. La legge autorizza questa procedura quando l’azienda non è in grado di reinserire tutto il personale seguendo quindi la via della mobilità. Il personale viene inserito successivamente nelle liste di mobilità e avranno la prelazione nelle future assunzioni del datore di lavoro. Per quanto riguarda invece l’indennità, essa spetta a chi ha almeno dodici anni di servizio ed è valida per 12 mensilità, che diventano 24 per gli over 40 e trentasei per gli over 50. In futuro, l’ASPI (Assicurazione Sociale Per l’Impiego) prenderà il posto di questa forma di licenziamento.
Licenziamento collettivo
Ciò avviene quando un’azienda con più di quindici dipendenti decide di licenziare almeno cinque persone in un lasso di tempo pari a 120 giorni, ossia quattro mesi, all’interno di una stessa provincia.
I presupposti per avviare il Licenziamento collettivo
Per effettuare le pratiche di licenziamento collettivo, il datore di lavoro dovrà informare in primis i sindacati, le RSA, se presenti, le associazioni di categoria, la Direzione provinciale del Lavoro, la Direzione regionale del Lavoro ed eventualmente anche il Ministero del Lavoro (nei casi più gravi).
La comunicazione dovrà riportare con precisione le motivazioni tecniche, organizzative e produttive del licenziamento stesso, nonché il numero dei licenziati e i tempi previsti per l’allontanamento lavorativo. Verrà infine effettuata una consultazione (esame congiunto o confronto bilaterale) ed eventualmente anche un confronto trilaterale, al termine dei quali, anche in assenza di un accordo sindacale, il datore di lavoro potrà provvedere al licenziamento collettivo.
Il licenziamento collettivo è un atto che consente la cessazione dei rapporti di lavoro per un numero plurimo di dipendenti alle aziende che necessitino di ridimensionarsi, modificare pesantemente la produzione o concludere la propria via produttiva.
La procedura si è sviluppata a partire dalla legge 223/1991, approvata per adeguare il nostro paese alle normative CEE, e sta subendo anche adesso continue modificazioni per rendere il provvedimento più equo per entrambe le parti.
Nella maggior parte dei casi, il licenziamento collettivo è praticato per volontà di un’impresa che non riesca più a sostenere i costi di produzione, e individua come unica strada per la sua sopravvivenza la riduzione del personale. Per poter avviare il procedimento, l’azienda interessata deve avvisare per iscritto tutti i sindacati degli operai coinvolti e le organizzazioni provinciali della relativa categoria, la nota deve contenere, obbligatoriamente:
- le cause che hanno determinato la scelta di procedere con il licenziamento;
- le motivazioni (a livello tecnico, produttivo e di personale) a seguito delle quali non è possibile procedere altrimenti;
- entità, posizione e occupazione dei dipendenti che si vuole licenziare;
- le tempistiche per porre in essere l’atto;
- le contromisure per limitare i problemi sociali derivati dal licenziamento o dal programma di mobilità.
Il versamento all’Inps
Alla dichiarazione di licenziamento collettivo va aggiunta una copia del pagamento all’Inps di una cifra che equivalga al massimo dell’integrazione salariale possibile, in modo da poter indennizzare il personale. A differenza del licenziamento, hanno diritto alla mobilità i dipendenti che facciano parte di aziende che possano usufruire della cassa straordinaria di integrazione.
Una volta comunicata la documentazione scritta, le parti interessate (l’azienda e i lavoratori, rappresentati dai sindacati), si devono riunire entro una settimana per discutere del piano di licenziamento collettivo, allo scopo di determinare se i presupposti sono validi e se esistono altre possibilità, come il trovare nuove destinazioni per gli impiegati tramite appositi contratti solidali. Una volta avviato, il licenziamento collettivo deve concludersi entro 45 giorni dal suo inizio; l’azienda dovrà inoltre avvertire l’Ufficio provinciale del lavoro e i sindacati delle motivazioni che hanno portato ad un esito negativo delle consultazioni.
Cosa spetta al lavoratore in caso di licenziamento collettivo?
Ecco cosa spetta al lavoratore in caso di licenziamento collettivo:
Comunicazione e consultazioni
Il datore di lavoro è obbligato a comunicare la sua intenzione di procedere con il licenziamento collettivo e a intraprendere una procedura di consultazione con i rappresentanti dei lavoratori. Questa fase è cruciale, in quanto permette di valutare soluzioni alternative per evitare o ridurre i licenziamenti e attenuarne le conseguenze. Tra le strategie che possono emergere dalle consultazioni vi sono il ricorso a misure di ricollocamento, la riqualificazione professionale o altre forme di sostegno che possano garantire la continuità lavorativa dei dipendenti.
Preavviso
I lavoratori interessati da un licenziamento collettivo hanno diritto a ricevere un preavviso, la cui durata dipende dall'anzianità di servizio. Questo periodo di preavviso consente ai dipendenti di organizzarsi per affrontare la perdita del lavoro. Durante questo lasso di tempo, i lavoratori possono continuare a svolgere la propria attività lavorativa o, in alternativa, ricevere un’indennità sostitutiva che compensi il mancato periodo di preavviso.
Indennità di licenziamento
I lavoratori coinvolti in un licenziamento collettivo hanno diritto a ricevere un'indennità di licenziamento, il cui importo è calcolato tenendo conto di diversi fattori, tra cui l'anzianità di servizio e il tipo di contratto. Questa indennità rappresenta una misura compensativa importante, volta a sostenere economicamente il lavoratore durante la fase di transizione e a riconoscere il contributo offerto nel corso del rapporto lavorativo.
Mobilità
In seguito a un licenziamento collettivo, i lavoratori possono essere iscritti nelle liste di mobilità, uno strumento che agevola il reinserimento nel mercato del lavoro. Le liste di mobilità prevedono azioni mirate come percorsi di formazione, programmi di riqualificazione professionale e supporto nella ricerca di una nuova occupazione. L’obiettivo è quello di ridurre al minimo l’impatto della disoccupazione e garantire ai lavoratori nuove opportunità professionali.
Ammortizzatori sociali
I lavoratori licenziati hanno diritto a richiedere varie forme di sostegno al reddito, come la Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego) o, in alcune situazioni, l'Asdi (Assegno di Disoccupazione). Questi strumenti offrono un supporto economico temporaneo durante la ricerca di un nuovo impiego, consentendo ai lavoratori di affrontare la fase di disoccupazione con maggiore stabilità economica.
Tutela giudiziaria
Se i lavoratori ritengono che il licenziamento collettivo non sia stato condotto nel rispetto delle normative vigenti o sospettano motivazioni discriminatorie o illecite, hanno il diritto di impugnare il licenziamento. Questo può avvenire davanti al giudice del lavoro, che valuterà la correttezza delle procedure e la legittimità delle motivazioni, garantendo ai dipendenti una tutela legale in caso di irregolarità.
Ricorda che le specifiche circostanze possono variare a seconda della situazione individuale e che è sempre consigliabile consultare un avvocato o un sindacato per ottenere un'adeguata assistenza legale.
Quand'è che il datore di lavoro ha l'obbligo di repêchage?
Il principio del "repêchage" si applica sia nel caso del licenziamento per giustificato motivo oggettivo che in quello del licenziamento collettivo.
Il termine "repêchage", che deriva dal francese e significa "riutilizzo" o "recupero", si riferisce all'obbligo per il datore di lavoro di verificare, prima di procedere al licenziamento di un lavoratore, se sia possibile il suo reinserimento in un posto di lavoro diverso, equivalente o inferiore all'interno dell'azienda.
Nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la giurisprudenza ha affermato l'obbligo di repêchage come condizione di legittimità del licenziamento stesso. Il datore di lavoro, pertanto, deve dimostrare di avere esplorato tutte le possibilità di reinserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale prima di procedere al licenziamento.
Anche nel caso del licenziamento collettivo, l'obbligo di repêchage è previsto: prima di procedere ai licenziamenti, il datore di lavoro deve esaminare le possibilità di evitare o ridurre gli stessi, compreso il reinserimento dei lavoratori in altri ruoli all'interno dell'azienda.
Pertanto, in entrambi i casi, il datore di lavoro ha l'onere di fornire la prova del fatto che abbia considerato e cercato di attuare il principio del repêchage. Ricorda però che le specificità di tali obblighi possono variare a seconda delle particolari circostanze e della legislazione nazionale, quindi è sempre consigliabile consultare un avvocato o un sindacato per ottenere un'adeguata assistenza legale.
Scopri di più sulla lettera di richiamo.
Quali sono i criteri di scelta del personale da licenziare nel licenziamento collettivo?
Il licenziamento collettivo è una procedura che un datore di lavoro può adottare quando è necessario licenziare un numero significativo di lavoratori per motivi non relativi al comportamento o alle prestazioni individuali, ma dovuti a ragioni di tipo economico, organizzativo, produttivo o similari.
Nella determinazione dei lavoratori da licenziare in un licenziamento collettivo, il datore di lavoro deve seguire criteri oggettivi e non discriminatori. Tali criteri possono variare a seconda della legislazione nazionale o dei contratti collettivi applicabili.
In molti ordinamenti, tra cui l'Italia, i criteri da applicare in caso di licenziamento collettivo sono stabiliti dalla legge e comprendono:
- Anzianità di servizio: generalmente, i lavoratori con un'anzianità di servizio maggiore sono protetti. Questo criterio si basa sull'idea che i lavoratori più anziani potrebbero avere più difficoltà a trovare un nuovo impiego rispetto ai lavoratori più giovani.
- Carichi di famiglia: in molti casi, si tiene conto delle responsabilità familiari del lavoratore, come il numero di figli o la presenza di un coniuge a carico.
- Condizioni personali del lavoratore: potrebbe essere preso in considerazione lo stato di salute del lavoratore, la sua età o eventuali disabilità.
- Merito e competenze: talvolta, i datori di lavoro possono valutare le competenze, le qualifiche e le prestazioni dei lavoratori nel determinare chi licenziare.
Ricordiamo, inoltre, che il processo di licenziamento collettivo in molti Paesi richiede una consultazione con i rappresentanti dei lavoratori o i sindacati, e talvolta l'approvazione delle autorità del lavoro.
In ogni caso, è sempre consigliabile che i lavoratori interessati da un possibile licenziamento collettivo consultino un avvocato o un sindacato per capire i propri diritti e le opzioni disponibili.
Recap Video
Quali sono le ultime novità in Italia?
Il Jobs Act ha introdotto importanti cambiamenti, tra cui il contratto a tutele crescenti, che ha modificato il sistema di indennizzi per i lavoratori coinvolti in licenziamenti collettivi. Ad esempio, la riforma ha stabilito che l'indennizzo economico per i lavoratori licenziati è calcolato in base all'anzianità di servizio, con un limite minimo e massimo, eliminando in molti casi la possibilità di reintegro nel posto di lavoro prevista dalla normativa precedente. Questa modifica ha avuto l'obiettivo di semplificare e standardizzare le procedure di licenziamento, ma ha anche suscitato dibattiti sull'adeguatezza della tutela economica per i lavoratori.
Inoltre, con l'introduzione di strumenti come la NASPI (Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego), si è rafforzata la rete di sostegno economico per i lavoratori licenziati. La NASPI ha sostituito in gran parte i precedenti ammortizzatori sociali, semplificando l'accesso al sussidio di disoccupazione e introducendo criteri più flessibili per la riqualificazione professionale e il reinserimento lavorativo.
Le ultime novità in Italia per il licenziamento collettivo sono state introdotte dal decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. Il decreto ha introdotto una serie di misure volte a mitigare gli effetti negativi della pandemia di COVID-19 sul mercato del lavoro, tra cui:
- la possibilità per i datori di lavoro di sospendere i lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria per un periodo massimo di 18 mesi;
- la possibilità per i datori di lavoro di usufruire di una misura di cassa integrazione guadagni in deroga per un periodo massimo di 12 mesi;
- la possibilità per i datori di lavoro di assumere lavoratori con contratti di lavoro a tempo determinato in deroga ai limiti ordinamentali.
Le novità introdotte dal decreto 34/2020 hanno reso il licenziamento collettivo un'opzione meno praticabile per i datori di lavoro, in quanto hanno reso più facile per i lavoratori mantenere il proprio posto di lavoro anche in caso di crisi aziendale.
Quanto dura la procedura di licenziamento collettivo?
In Italia, la procedura di licenziamento collettivo è regolamentata dall'articolo 24 della Legge n. 223/1991. La procedura ha come obiettivo la ricerca di soluzioni alternative al licenziamento e prevede specifiche fasi di consultazione tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali. Ecco una panoramica dei passi principali e delle tempistiche:
Comunicazione di avvio della procedura
La prima fase del licenziamento collettivo richiede al datore di lavoro di inviare una comunicazione scritta sia alle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) che all'Ufficio Territoriale del Lavoro (UTL). Questa comunicazione deve essere dettagliata e includere informazioni specifiche per garantire trasparenza e rispetto della normativa.
Contenuti della comunicazione
La comunicazione deve riportare:
- Le ragioni del licenziamento: spiegazioni dettagliate sulle motivazioni economiche, tecniche, organizzative o produttive che rendono necessario il licenziamento collettivo.
- Il numero di dipendenti coinvolti: una stima precisa delle persone interessate dalla procedura.
- I criteri di scelta: specificare i parametri adottati per individuare i lavoratori da licenziare, nel rispetto della legge e dei contratti collettivi (ad esempio anzianità, carichi familiari, competenze).
- Misure di mitigazione: eventuali interventi proposti per ridurre l’impatto del licenziamento, come ricollocamento interno, piani di outplacement, o incentivi all’esodo volontario.
Tempistiche e obblighi
La comunicazione deve essere inviata in modo tempestivo, in modo da avviare la fase successiva di consultazione entro i tempi stabiliti. È fondamentale che sia chiara e completa, poiché eventuali lacune potrebbero rendere la procedura invalida.
Fase di consultazione
Entro 7 giorni dalla comunicazione iniziale, si apre una fase cruciale: la consultazione tra datore di lavoro e rappresentanze sindacali. Questo periodo ha l’obiettivo di esplorare soluzioni alternative al licenziamento e ridurre al minimo l’impatto sociale ed economico.
Durata e obiettivi
La consultazione può durare fino a un massimo di 45 giorni, durante i quali le parti devono confrontarsi in buona fede per trovare accordi o proposte utili. Gli obiettivi principali includono:
- Riduzione del numero di licenziamenti: tramite piani di prepensionamento, incentivi all’esodo, o trasferimenti interni.
- Riqualificazione del personale: avviare corsi di formazione o aggiornamento per consentire ai lavoratori di ricollocarsi in altre posizioni all’interno o all’esterno dell’azienda.
- Riorganizzazione dell’orario di lavoro: esplorare la possibilità di adottare contratti di solidarietà, riduzioni orarie o smart working.
- Individuazione di misure straordinarie: come la cassa integrazione straordinaria o l’attivazione di fondi di settore.
Modalità di svolgimento
Gli incontri devono essere documentati e formalizzati in verbali. È fondamentale che il datore di lavoro dimostri di aver preso in considerazione tutte le proposte avanzate dalle rappresentanze sindacali.
Conclusione della consultazione
Se al termine dei 45 giorni non si raggiunge un accordo, il datore di lavoro può procedere unilateralmente con il licenziamento collettivo.
Comunicazione finale all'UTL
Il datore di lavoro deve inviare all’Ufficio Territoriale del Lavoro una comunicazione dettagliata contenente:
- I risultati della consultazione: il resoconto delle proposte discusse e dei motivi per cui non è stato possibile raggiungere un accordo.
- L’elenco dei dipendenti coinvolti: indicare i nominativi dei lavoratori interessati, i criteri applicati e i relativi dati contrattuali.
Implicazioni legali
Il mancato rispetto di questa fase può comportare l’annullamento del licenziamento collettivo o sanzioni amministrative, evidenziando l’importanza di un processo trasparente e conforme alla legge.
Comunicazione individuale ai lavoratori
Una volta conclusa la fase di consultazione e inviata la comunicazione all’UTL, il datore di lavoro può procedere con i licenziamenti individuali.
Tempistiche e modalità
- Periodo di attesa: Il datore di lavoro deve attendere almeno 7 giorni dopo la comunicazione finale all’UTL prima di notificare il licenziamento ai singoli dipendenti.
- Comunicazione scritta: Ogni lavoratore interessato riceve una lettera di licenziamento che specifica le motivazioni, la data di decorrenza del licenziamento e i dettagli relativi al preavviso.
Periodo di preavviso
Il periodo di preavviso varia in base a:
- Anzianità di servizio: I contratti collettivi nazionali del lavoro (CCNL) definiscono i tempi in base agli anni di lavoro maturati.
- Contratto collettivo applicato: Ogni settore può prevedere durate diverse per il preavviso.
Durante il preavviso, i lavoratori possono continuare a svolgere la propria attività lavorativa o, in alternativa, essere esonerati con corresponsione dell’indennità sostitutiva.
Riepilogo delle tempistiche:
- 7 giorni per iniziare la fase di consultazione.
- Massimo 45 giorni per la consultazione.
- Minimo 7 giorni di attesa dopo la conclusione della consultazione prima di comunicare il licenziamento ai singoli lavoratori.
Totale: La procedura completa può durare almeno 59 giorni, escludendo il periodo di preavviso. Va notato, tuttavia, che la durata effettiva può variare a seconda delle specifiche circostanze, delle trattative sindacali e di eventuali accordi raggiunti tra le parti.
FAQ
Cos'è il licenziamento collettivo?
Il licenziamento collettivo si riferisce al processo attraverso il quale un datore di lavoro decide di terminare l'impiego di un certo numero di dipendenti contemporaneamente, per motivi non riferibili a colpe individuali, ma solitamente legati a necessità aziendali, economiche, organizzative o produttive.
In quali situazioni può verificarsi un licenziamento collettivo?
Un licenziamento collettivo può verificarsi in diverse situazioni, tra cui la riorganizzazione o ristrutturazione aziendale, la chiusura di una filiale o di un intero settore produttivo, o a seguito di difficoltà economiche che rendono non sostenibile il mantenimento del precedente livello occupazionale.
Quali sono le procedure previste per un licenziamento collettivo?
In molte giurisdizioni, prima di procedere con un licenziamento collettivo, il datore di lavoro deve intraprendere una serie di azioni, come notificare le intenzioni ai rappresentanti dei lavoratori, avviare una fase di consultazione con gli stessi per discutere possibili alternative al licenziamento, e, in alcuni casi, notificare l'autorità lavorativa competente.
I lavoratori interessati da un licenziamento collettivo hanno diritto a particolari indennizzi o compensazioni?
A seconda della legislazione nazionale e dei contratti collettivi in vigore, i lavoratori coinvolti in un licenziamento collettivo potrebbero avere diritto a specifici indennizzi, che possono includere una indennità di licenziamento, un sostegno per la ricollocazione professionale, o altre forme di assistenza.
E’ possibile contestare un licenziamento collettivo?
Sì, in molte giurisdizioni, i lavoratori o i loro rappresentanti hanno il diritto di contestare un licenziamento collettivo, specialmente se ritengono che non siano state rispettate le procedure previste dalla legge o dai contratti collettivi, o se ritengono che le motivazioni addotte dal datore di lavoro non siano valide. In tali circostanze, potrebbero intraprendere azioni legali per cercare una soluzione o un risarcimento.