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Dopo avervi parlato di buonuscita per il licenziamento, oggi cambiamo decisamente argomento.

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Il patto di prova è il periodo precedente al vero e proprio inizio del contratto di lavoro. In questo periodo entrambe le parti hanno la possibilità di recedere dal contratto. Deve essere menzionato nel contratto di lavoro e consente alle parti di valutare reciprocamente i vantaggi e le caratteristiche del rapporto di lavoro.

Il periodo di prova nei contratti di lavoro a tempo indeterminato in Italia può variare a seconda della categoria professionale del lavoratore e del contratto collettivo di lavoro applicato. Tuttavia, di norma, i periodi di prova sono generalmente strutturati come segue:

  • Per i lavoratori "operai": il periodo di prova non può superare i 3 mesi.
  • Per i lavoratori "impiegati": il periodo di prova non può superare i 6 mesi.
  • Per i "dirigenti": il periodo di prova può durare fino a 12 mesi.

Durante il periodo di prova, sia il datore di lavoro che il lavoratore possono terminare il rapporto di lavoro senza preavviso e senza dover fornire una motivazione. Tuttavia, alla fine del periodo di prova, se il lavoratore continua a lavorare, il contratto di lavoro diventa un contratto a tempo indeterminato con pieni diritti e obblighi.

Si consiglia di controllare sempre il contratto di lavoro o il contratto collettivo di lavoro applicabile per verificare la durata specifica del periodo di prova.

Come funziona il periodo di prova?

Questo periodo fu soggetto a riforma, come previsto dal Governo Renzi, che volle modificare l’intero settore del lavoro attraverso il Jobs Act. I tempi allungarono di qualche anno e questo aspetto chiamò in causa altri fattori, come il celebre articolo 18.

Per una panoramica completa, leggi il nostro articolo su cos'è il Jobs Act.

È capitato a tutti coloro che hanno appena iniziato un nuovo lavoro di dover effettuare il cosiddetto "Patto di Prova" o periodo di prova presso un'azienda o un ente pubblico o qualsiasi altro soggetto che offre l'opportunitá di lavorare. Esso, in pratica, non è altro che un periodo temporale di alcuni mesi, variabile in base al tipo di lavoro effettuato, che ha lo scopo di verificare per entrambe le parti (datore di lavoro e lavoratore) la compatibilitá e l'inserimento del nuovo arrivato nell'ambiente dove svolgerá le proprie mansioni.

Di conseguenza, il patto di prova si prospetta come arco temporale in cui si approfondirá la reciproca conoscenza tra il professionista e l'ambiente e/o il suo datore di lavoro. Inoltre, tale periodo rappresenta una garanzia, di tipo contrattuale come vedremo, tra le stesse parti. Infatti, il datore di lavoro potrá verificare che il lavoratore sia in grado di adempiere alle mansioni a lui affidate, mentre quest'ultimo potrá verificare il tipo e modalitá di prestazione che verrá lui richiesta, il suo adattamento all'ambiente di lavoro e la corrispondenza tra retribuzione e tipo di lavoro.

Ricordiamo che il periodo o patto di prova ha una durata delimitata. Infatti, la normativa determina che la durata di questo periodo è di 6 mesi per tutti i tipi di lavoratori, mentre si riduce a 3 mesi per gli impiegati che non abbiano funzioni di tipo direttivo. Al di fuori di tali limiti, vigono le norme dei contratti collettivi ed individuali, con quest'ultimi tuttavia che non possono essere peggiorativi rispetto ai primi, come vedremo meglio in seguito. Comunque, cerchiamo di capire in cosa consista il patto di prova e quale sia stato l'orientamento della Giurisprudenza in materia.

Se sei interessato ad approfondire l'argomento dei contratti lavorativi, troverai informazioni utili sul contratto per cooperative sociali.

La tutela dei lavoratori nel patto

Al fine di tutelare gli interessi del lavoratore, il patto di prova deve prevedere una durata massima, definita nel contratto di assunzione in base a quanto stabilito nel Codice Civile o nei CCNL. La giurisprudenza, attraverso leggi e sentenze della Cassazione ne disciplina diversi aspetti.

Vediamo di seguito i più importanti:

  • La sentenza della Cassazione n. 14538 del 1999 e la n. 9536 del 1991 che definiscono il computo della durata del patto di prova. Nello specifico, se la durata del patto è definita in mesi le parti seguiranno il calendario comune.
  • In tutti i casi in cui sia necessaria una sospensione dello stesso, le parti potranno far riferimento al CCNL di riferimento.

Se vuoi entrare in profondità rispetto ad alcune tematiche relative ai contratti di lavoro, ti segnaliamo che abbiamo appena pubblicato un articolo sul contratto di lavoro a intermittenza.

I vari casi di recesso 

  • E' considerato illegittimo il recesso da parte del datore di lavoro che non abbia ancora verificato le competenze professionali del dipendente. In tal caso si fa riferimento alle Sentenze della Cassazione n. 4979 del 6/6/1987 e la n. 1387 del 8/2/2000.
  • E' considerato illegittimo il licenziamento in questo periodo se riconducibile ad un motivo illecito o estraneo al rapporto di lavoro. In tal caso il dipendente ha il diritto di ottenere l'annullamento del recesso (Sent. Cass. 12/3/1999, n. 2228) o a terminare la prova ed ottenere la retribuzione relativa ai giorni residui del patto di prova.
  • Il licenziamento in questo periodo può essere comunicato anche oralmente.

Se vuoi ampliare le tue conoscenze sul tema, ti invitiamo a leggere il nostro articolo sulla lettera di licenziamento per la colf.

Altri casi in cui la giurisprudenza definisce i limiti di illegittimità del licenziamento in prova

La giurisprudenza è spesso intervenuta nella definizione e precisazione dei limiti e delle situazioni che determinano un licenziamento in fase di prova illegittimo.

Innanzitutto, l’art. 2096 del codice civile (C.C.) prevede la forma scritta per la stipula di un periodo di prova e in mancanza di questa, il patto di prova stesso può considerarsi nullo e l’assunzione del dipendente si può considerare definitiva. Segue una carrellata di casi giurisprudenziali in merito ai periodi di prova:

  • In un impiego pubblico, il patto di prova può ritenersi strettamente limitato alla valutazione esclusiva dell’idoneità allo svolgimento delle mansioni del lavoratore e non altro in quanto la natura del patto stesso è legata alla sola valutazione che lo rende obbligatorio e non facoltativo (Tribunale di Milano, 26 gennaio 2012, Giud. Perillo pubblicato in Lavoro nella giur. 2012 - 413)

Inoltre, il patto di prova non costituisce una fattispecie negoziale in due tempi per cui si costituiscono due “contratti” separati di cui uno di prova e l’altro definitivo, bensì è da intendersi come atto unitario di rapporto di lavoro ordinario, produttivo, effettivo e definitivo subordinato all’esito della prova, per cui il contratto si intende come una prosecuzione al termine della prova e non come una costituzione del rapporto di lavoro dopo la prova.

Una delle ultime recenti pronunce piú importanti, riguarda proprio, come dicevamo all'inizio, i casi di diversità tra contratti individuali e quelli collettivi. La Corte di Cassazione, nella sua sezione Lavoro, con l'Ordinanza nº 9798 del Maggio 2020 ha dichiarato che il periodo o patto di prova maggiore presente in un contratto individuale, rispetto alle norme collettive, è valido soltanto in alcune circostanze limitate, ad esempio quando le mansioni da affidare siano particolarmente complesse e tutto ciò deve peró essere provato dal datore di lavoro.   

Incrementa la tua comprensione riguardo ai contratti lavorativi e studia attentamente i seguenti argomenti:

Onestà del datore di lavoro

periodo di prova

Un datore di lavoro onesto non abusa del potere di recesso se:

  • non ha effettivamente verificato le competenze professionali del lavoratore;
  • il periodo di prova non è risultato sufficiente a verificare l’idoneità dell’impiegato;
  • l’esito negativo della prova è dovuto all’affidamento di mansioni superiori rispetto a quelle pattuite.
  • Decide di inviare una lettera di richiamo, per correggere un comportamento scorretto, durante il periodo di prova.

Se il recesso viene considerato illegittimo, il lavoratore ha diritto a terminare il periodo di prova e ad ottenere il pagamento dei giorni che mancano alla data di fine prefissata.

Un altro caso di illegitimità si ha quando, durante la prova, il datore di lavoro intima il licenziamento per motivi illeciti o estranei al rapporto di lavoro. In questo caso, il lavoratore può opporsi dimostrando la non sussistenza di questi fatti e ottenendo l’annullamento del recesso (Sent. Cass. 12/3/1999, n. 2228).
Nei casi in cui è previsto, il licenziamento può avvenire in forma orale. E’ necessaria la forma scritta solo quando sono trascorsi 6 mesi, in quanto non si tratta più di periodo di prova ma di assunzione vera e propria.

Applicazioni del periodo di prova

Esso si può applicare in casi particolari, in base alla condizione del lavoratore.
Se il lavoratore è un:

  • apprendista, il periodo di prova non può superare i due mesi e viene stabilità prima o al momento dell’assunzione. Dopo i due mesi, l’assunzione diventa definitiva;
  • dirigente: in questo caso il rapporto viene regolamentato dal CCNL di settore;
  • disabile: la durata del periodo di prova può essere superiore rispetto a quella prevista dal CCNL.

Il periodo di prova si può applicare anche nei casi in cui il lavoratore abbia un contratto a tempo part-time con l’azienda stessa dove farà la prova, oppure un contratto a tempo determinato ma anche un contratto di formazione e lavoro.

Come viene pagato il periodo di prova?

Il periodo di prova viene retribuito come un normale periodo di lavoro. Il lavoratore durante questa fase ha gli stessi diritti di un lavoratore confermato, compresi la retribuzione, gli eventuali benefit aziendali e le tutele previste dalla legge e dai contratti collettivi di lavoro.

La retribuzione durante il periodo di prova è stabilita in base alle disposizioni del contratto individuale di lavoro e del contratto collettivo di settore applicabile. Di solito, corrisponde alla paga base per il ruolo e il livello professionale del lavoratore.

Il lavoratore ha diritto a ricevere la busta paga, che contiene l'indicazione della retribuzione percepita e delle eventuali detrazioni fiscali e contributive.

Se il periodo di prova viene superato e il contratto di lavoro prosegue, la retribuzione continuerà normalmente. Se invece il contratto viene interrotto durante il periodo di prova, il lavoratore riceverà la retribuzione per i giorni lavorati fino alla data dell'interruzione.

È importante ricordare che durante il periodo di prova sia il datore di lavoro sia il lavoratore possono decidere di terminare il rapporto di lavoro senza obbligo di preavviso e senza necessità di fornire una motivazione.

periodo di prova

Chi pensa che il periodo di prova non debba essere retribuito sbaglia di grosso! Secondo la normativa, questo periodo può durare al massimo 6 mesi per le categorie generiche e tre per chi dovrebbe poi assumere un ruolo direttivo, ma molto dipende dal proprio CCNL e dalla tipologia di lavoro.

Entrando nel merito della retribuzione, questo periodo va pagato dal datore di lavoro, al di là dei risultati raggiunti. Inoltre, un lavoratore in prova matura comunque ferie, tredicesima ed eventualmente quattordicesima se prevista e ovviamente il TFR, che sarà riconosciuto al termine del periodo professionale. Questo vuol dire, quindi, che anche chi è in prova dovrebbe essere regolarmente assunto con apposito contratto e avere una busta paga, dove ci saranno tutte le voci che abbiamo elencato prima.

Ovviamente questo significa anche che, come in ogni rapporto di lavoro, anche il periodo di prova può termine prima della sua scadenza naturale per volontà del datore di lavoro o del dipendente stesso. L’azienda può infatti decidere di interrompere il rapporto lavorativo senza per questo dover osservare periodi di preavvisi particolari, se non quello – ma lo aggiungiamo noi – della normale cortesia. In genere, un datore di lavoro può ricorrere al licenziamento di chi è in prova, qualora si sia già reso conto che la risorsa è completamente inadatta alla mansione che dovrebbe assolvere e dunque non ha senso continuare così. Ovviamente, questo è possibile soltanto nel caso in cui nel contratto di assunzione non sia previsto anche un periodo di prova minimo oltre che massimo che andrà – in questo caso – rispettato fedelmente. Inoltre, il licenziamento da parte dell’azienda può diventare illegittimo laddove il lavoratore non sia stato messo nella condizione di superare la prova e cioè:

  • se non ha avuto il permesso di assolvere alla prova
  • se la prova ha avuto impedimenti discriminatori o comunque non lavorativi.

Per fare qualche esempio pratico: se vieni assunto per un periodo di prova e poi ti viene chiesto di adempiere a mansioni completamente differenti, praticamente non sei nelle condizioni di svolgere la tua prova, così come se venissi mobbizzato per qualsiasi motivo.
Se invece sei tu a volerti dimettere, sei nelle condizioni di farlo, senza doverti giustificare più di tanto, ma servirà comunque una lettera di dimissioni.
Ma chiudiamo con una domanda importante: dopo il periodo di prova cosa fare? Dipende da quello che accade, se, cioè, ci sia l’intenzione di continuare il rapporto lavorativo e trasformarlo in un vero contratto di lavoro. Qualora nessuno ti comunica nulla e continui a recarti al lavoro, puoi praticamente considerarti assunto al 100%.

FAQ

Cos'è il periodo di prova in un contratto a tempo indeterminato?

Il periodo di prova è una fase iniziale del rapporto di lavoro stabilita dal contratto individuale di lavoro o dal contratto collettivo di settore. Durante questo periodo, sia il datore di lavoro sia il lavoratore possono valutare l'adeguatezza del rapporto di lavoro. Entrambe le parti hanno la possibilità di terminare il contratto senza obbligo di preavviso e senza dover fornire una motivazione.

Quanto dura il periodo di prova in un contratto a tempo indeterminato?

La durata del periodo di prova varia a seconda del contratto collettivo di lavoro applicabile e della qualifica del lavoratore. In generale, per i lavoratori impiegati, il periodo di prova può variare da 3 a 6 mesi, mentre per i dirigenti può essere più lungo. La durata esatta deve essere specificata nel contratto individuale di lavoro.

Come viene pagato il periodo di prova?

Il periodo di prova viene retribuito come un normale periodo di lavoro. Il lavoratore durante questa fase ha gli stessi diritti di un lavoratore confermato, compresi la retribuzione, gli eventuali benefit aziendali e le tutele previste dalla legge e dai contratti collettivi di lavoro. Se il contratto viene interrotto durante il periodo di prova, il lavoratore riceverà la retribuzione per i giorni lavorati fino alla data dell'interruzione.

Posso rifiutare un'offerta di lavoro dopo aver iniziato il periodo di prova?

Sì, durante il periodo di prova sia il lavoratore sia il datore di lavoro possono decidere di terminare il rapporto di lavoro senza obbligo di preavviso e senza necessità di fornire una motivazione. Questa flessibilità è concepita per permettere a entrambe le parti di valutare l'adeguatezza del rapporto di lavoro.

Il periodo di prova influisce sul calcolo dell'anzianità di servizio?

No, il periodo di prova è considerato parte integrante del rapporto di lavoro e quindi rientra nel calcolo dell'anzianità di servizio del lavoratore. Questo significa che se un lavoratore supera il periodo di prova e prosegue nel suo rapporto di lavoro, il tempo trascorso in prova sarà incluso nel calcolo degli anni di servizio, che possono influire su aspetti come l'accumulo di ferie, le eventuali indennità di anzianità e altri diritti legati al tempo di servizio.

Autore: Laura Perconti

Immagine di Laura Perconti

Laureata in lingue nella società dell’informazione presso l'Università di Roma Tor Vergata, Laura Perconti segue successivamente un Corso in Gestione di Impresa presso l'Università Mercatorum e un Master di I livello in economia e gestione della comunicazione e dei nuovi media presso l'Università di Roma Tor Vergata.

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