Buongiorno dalla Redazione di AreaLavoro. Dopo avervi illustrato alcuni dettagli sulla Pensione ai superstiti, oggi vi proponiamo un nuovo articolo.
Menu di navigazione dell'articolo
- Criterio retributivo: ecco come calcolare la pensione INPS
- Ecco come calcolare la data
- Cos'è la pensione di reversibilità Inps
- Beneficiari della pensione di reversibilità
- Quote e importi della pensione di reversibilità
- Pensione minima INPS: di quale importo hai diritto?
- Categorie di lavoratori e cumulo di lavoro
Il calcolo della pensione INPS si risolve in base all'anzianità contributiva e all'età pensionabile del lavoratore. I criteri per determinare la pensione INPS è: contributivo, retributivo oppure misto. Alla base di questi sistemi di calcolo c'è il numero di anni di contributi versati sino al 1995 e cioè più o meno 18 anni o nessuna anzianità contributiva.
Il sistema contributivo per la pensione INPS è il criterio seguito per tutti i lavoratori privi di a title="Tutte le novità sulle pensioni di anzianità" ">"nzianità contributiva al 1° gennaio 1996.
Criterio retributivo: ecco come calcolare la pensione INPS
Il criterio retributivo per la determinazione della a title="Scopri tutto sulla pensione di anzianità&qot;""pensione INPS si riferisce ai lavoratori con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. Il criterio retributivo si basa sulla media della retribuzione degli ultimi anni di lavoro o sulla media del reddito dei lavoratori autonomi.
Criterio misto (donna e uomo)
Il criterio misto è rivolto a tutti i lavoratori con meno di 18 anni di contributi versati al 31 dicembre 1995. Il sistema misto, come ne deriva dal termine, calcola la pensione INPS in parte secondo il sistema retributivo ( per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995) e in parte secondo il criterio contributivo (l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996).
I lavoratori che posseggano un'anzianità contributiva pari o o superiore ai 15 anni, di cui 5 successivi al 1995, possono richiedere il calcolo della pensione INPS solo in base al sistema contributivo.
Verifica la contribuzione versata
Ciascuno di questi tre criteri di calcolo per la determinazione della pensione INPS, si basa su elementi differenti. Effettuare meccanicamente (cioè con calcolatrice, carta e penna) il calcolo spettante al lavoratore potrebbe risultare un po' difficile, quindi armatevi di un po' di pazienza.
Vi segnaliamo alcuni siti e portali del web che offrono lo strumento di Calcolo della pensione INPS suggerendovi l'iter da seguire per determinare la pensione INPS.
- Tutto INPS è il sito dell'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale che nella sezione "Il calcolo della pensione INPS offre la possibilità di determinare la propria anzianità contributiva e ottenere così il libretto di pensione.
- Il portale Sportello Pensioni propone le griglie e le tabelle di calcolo.
- Utifin propone il calcolo della pensione INPS online, seguendo step by step l'utente.
Estratto conto dei contributi per artigiani e commercianti
Se non conoscete con precisione l'ammontare di tutti i contributi versati nell'arco della vostra vita lavorativa potete richiedere “l'estratto conto assicurativo” alle sedi INPS o agli sportelli automatici self-service.
Con l'estratto il lavoratore può verificare l'esattezza delle registrazioni che lo riguardano e di segnalare tempestivamente eventuali discordanze o inesattezze.
Se invece il lavoratore è prossimo all'età pensionabile, può richiedere l'estratto conto certificativo, visualizzabile alla sezione Estratto Conto Pensione INPS.
A partire dal Primo Gennaio 2012, la Manovra "Salva Italia" del Governo Monti aveva portato a significative modifiche nel campo pensionistico, introducendo elementi di rilevante importanza che toccavano diverse componenti fondamentali relative alla pensione. Il piano di Governo sulle pensioni Inps 2012 includeva diverse innovazioni che interessavano le pensioni d'anzianità e l'età pensionabile. La Riforma delle pensioni Inps 2012 aveva inoltre introdotto il meccanismo delle cosiddette finestre pensioni.
L'aspirazione di ottenere una pensione al termine della propria carriera lavorativa rappresentava una preoccupazione significativa per tutti i lavoratori. Era possibile ottenere la pensione di vecchiaia, al raggiungimento dell'età adeguata, e quella anticipata o d'anzianità.
Nel contesto previdenziale, erano stati istituiti enti che coordinavano tutte le operazioni legate alla previdenza sociale. Tra i principali istituti di previdenza sociale vi erano l'Inpdap, l'istituto di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, nato nel 1994, e l'Inps, l'Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale.
Accanto a questi, l'Inail, l'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro e le Malattie Professionali, si occupava dei casi in cui spesso veniva concessa la pensione d'invalidità. Il principale ente previdenziale italiano rimaneva l'Inps.
La riforma aveva introdotto il meccanismo delle finestre pensioni con l'abolizione delle finestre in entrata e in uscita previste da leggi precedenti (la legge numero 247 del 2007 e la legge numero 122 del 2010). Le finestre pensioni stabilivano inoltre che l'età pensionabile entro il 2022 doveva essere la stessa per tutti e sarebbe stata di 67 anni, escludendo coloro che avevano lavorato per più di 41-42 anni. Un'altra caratteristica fondamentale delle finestre pensioni era l'introduzione di una forma di tutela per i lavoratori in mobilità, che avrebbero potuto andare immediatamente in pensione.
Con la riforma, l'età pensionabile aumentava per tutte le categorie di lavoratori. I requisiti d'età per i lavoratori autonomi erano di 66 anni e sei mesi per gli uomini e 62 anni e sei mesi per le donne, mentre per i dipendenti pubblici i limiti di età erano fissati a 66 anni per entrambi. I dipendenti del settore privato, se donne, sarebbero andate in pensione a 62 anni oppure, se uomini, a 66 anni. Se prima esistevano due forme pensionistiche ben distinte, quella di vecchiaia e quella di anzianità, a partire dall'1 gennaio 2012 la seconda era stata abolita e in un certo senso sostituita dalla pensione anticipata. Quest'ultima permetteva al lavoratore di andare in pensione prima dell'età pensionabile prevista. Tuttavia, se il lavoratore optasse per questa forma pensionistica, avrebbe dovuto tenere presente che sarebbe stato soggetto a una riduzione dell'importo della pensione mensile prevista. La possibilità di optare per la pensione anticipata era possibile solo se venivano raggiunti determinati requisiti d'età e contributivi. Per gli uomini era infatti necessario aver raggiunto i quarantadue anni e un mese di contributi, mentre per le donne erano necessari quarantuno anni e un mese.
Le novità Inps sopra i 1000 euro
La riscossione della pensione alla fine della propria carriera lavorativa è una delle cose che desiderano tutti gli italiani, che lavorano anni ed anni proprio per raccogliere quanti più contributi possibili utili ai fini pensionistici. Esistono inoltre due tipologie di pensione: quella a title="Pensione di vecchiaia: scopri cos'è!"""di vecchiaia, ottenibile quando si raggiunge l'età pensionabile, che ha subito delle variazioni con la riforma del Governo Tecnico Monti; quella di anzianità, definita anche anticipata.
Tutti sanno poi che esistono degli Istituti nati appositamente per regolare le varie dinamiche legate alla previdenza sociale. Tra gli istituti di previdenza sociale c'è l'Inps, l'Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale al quale fanno capo tutte le pensioni eccetto quelle dei dipendenti della Pubblica Amministrazione che invece si rivolgono all'Inpdap. C'è poi l'Inail, che è l'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro e le Malattie Professionali.
Recentemente sono state introdotte diverse novità in materia pensionistica, anche attraverso quanto previsto dalla Riforma Monti. Oltre al già accennato cambiamento dell'età pensionabile, sono inoltre previste delle variazioni nel pagamento pensione Inps che supera i 1000 euro.
Ecco come calcolare la data
Le modalità di pagamento cambiarono quindi per coloro che percepivano un importo superiore ai 1000 euro. Infatti, a partire dal mese di marzo 2012, non fu più possibile ottenere la pensione in contanti. La data precisa che vide i pagamenti delle pensioni superiori ai 1000 euro non più in contanti ma attraverso altre modalità di riscossione fu il 7 marzo 2012. Chi invece percepiva un importo inferiore a tale somma poté riscuotere la propria pensione in contanti senza problemi.
Lo stesso Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (Inps) rese nota tale notizia attraverso la diffusione di un comunicato ufficiale inviato tramite posta a tutti i pensionati iscritti all'Istituto e che incassavano una pensione con un importo superiore ai 1000 euro. Gli oltre 450.000 pensionati di questo tipo dovettero quindi abituarsi a tale cambiamento e dovettero inoltre scegliere uno degli altri modi di pagamento possibili, escludendo la riscossione in contanti.
Le modalità per incassare il pagamento potevano indirizzarsi al versamento dell'importo dovuto all'interno di un conto corrente postale oppure bancario e si potevano sfruttare i soldi a disposizione pagando con carta di credito, bancomat oppure tramite assegni. La riscossione poteva avvenire anche attraverso una persona delegata (quest’ultima non poteva rappresentare più di due pensionati) e in quegli anni era in via di sperimentazione una nuova modalità, ossia la pensione che veniva accreditata attraverso una carta pre-pagata. Tutte le informazioni dettagliate erano consultabili sul sito dell’Inps che dedicava a questo argomento una pagina web apposita.
Per quanto riguardava il popolo degli esodati, con una circolare l’Inps aveva pubblicato la graduatoria di 2500 posizioni riguardanti quelle persone che nel corso del 2011 si erano avvalsi di permessi riguardanti la legge 104. Riguardo la buonuscita, il pagamento avrebbe avuto luogo entro 24 mesi in caso di dimissioni volontarie mentre se il lavoratore era stato licenziato dall’azienda il termine temporale scendeva a 12 mesi. Per i pagamenti che superavano il limite dei 50 mila euro, il pagamento avveniva in una sola tranche, che diventavano due per importi tra 50mila e 100mila euro mentre per somme superiori a 100 mila euro il pagamento avveniva in tre rate.
Il Governo Renzi non toccò il capitolo delle pensioni nella Legge di Stabilità. Il Presidente del Consiglio dichiarò che prima di tutto bisognava mettere mano al tema per quanto riguardava gli eccessi di spesa visto che questo capitolo insieme alla sanità rappresentavano le voci maggiori sul bilancio economico. Era sul tavolo tuttavia il famoso progetto Damiano, che prevedeva un'uscita anticipata dal lavoro a 62 anni a condizione di una decurtazione del 2% dell’assegno mensile.
C'erano poi da risolvere tutta una serie di questioni, che chiamavano in causa la folla infinita degli esodati e le pensioni minime. Quest'ultime erano rimaste a 500 euro ma il costo della vita era notevolmente aumentato negli anni dopo la crisi economica e il sindacato di riferimento aveva già chiesto un innalzamento ad almeno 650 euro mensili. Per quanto riguardava infine i prelievi (il Governo Letta aveva confermato il bonus di solidarietà sui cosiddetti assegni d’oro), Renzi confermò che sarebbe stato inutile toccare un argomento così sensibile per un risparmio di appena 100 milioni di euro.
Cos'è la pensione di reversibilità Inps
E' tale se il deceduto era in possesso di una qualunque tipologia di pensione diretta, mentre si parla di pensione indiretta nel caso in cui il deceduto fosse assicurato ma non titolare di pensione. Può usufruire della pensione di reversibilità Inps il coniuge anche separato o divorziato, a patto che non si sia risposato. Hanno diritto a tale tipologia di pensione anche i figli: legittimi, legittimati, adottivi, affiliati, naturali, legalmente riconosciuti e anche quelli nati da un precedente matrimonio. I figli possono riscuotere la pensione di reversibilità Inps se sono minorenni e sono dunque ancora a carico del genitore e non lavorano oppure se frequentano la scuola media superiore ed hanno tra i 18 e i 21 anni e se sono studenti universitari con età inferiore ai 26 anni.
La domanda e l'ammontare
La domanda di reversibilità di pensione può essere presentata direttamente presso una delle sedi nazionali dell'Inps, ma anche attraverso l'invio di una raccomandata con ricevuta di ritorno. La pensione di reversibilità Inps scatta dal primo mese successivo alla morte del pensionato, senza tener conto del giorno di presentazione della domanda.
Le percentuali previste ai superstiti ai sensi della Legge 335/95 sono le seguenti:
- 60 % solo coniuge,
- 70 % solo figlio,
- 80% coniuge e figlio
- 100% coniuge e due o più figli
- 15% altri familiari.
Gli archivi INPS per i dati dell'estratto conto
Esistono dei certificati appositi, utili a verificare la propria posizione assicurativa e contributiva, in modo tale da consentire un corretto e giusto pagamento pensione Inps al lavoratore. Oltre all'estratto conto contributivo (o certificativo), che viene richiesto dal lavoratore vicino all'età pensionabile e rappresenta un certificato dettagliato contenete i contributi versati durante l'arco della vita lavorativa, è possibile richiedere all'Inps anche l'estratto conto assicurativo.
L'estratto conto assicurativo contiene tutti i contributi registrati all'interno degli archivi dell'Inps, compresi quelli da lavoro, da riscatto o figurativi. Esso può essere richiesto da tutti i lavoratori, sia autonomi che dipendenti, iscritti all'Inps. L'estratto conto assicurativo sempre soprattutto per controllare che non ci siano errori o inesattezze registrate; è l'Inps stesso che richiede ai cittadini di segnalare eventuali sviste, al fine di migliorare il servizio stesso. Il documento rappresenta infatti anche una sorta di riepilogo storico degli assicurati registrati negli archivi dell'ente previdenziale. Dal 1994 l'estratto conto assicurativo, viene inviato dall'Inps direttamente a casa a tutti i lavoratori iscritti e presenti all'interno dei suoi archivi.
Come richiedere l'estratto conto assicurativo
L'estratto conto assicurativo viene rilasciato su richiesta dell'assicurato, presso qualunque sede Inps o attraverso i servizi self service on line o in loco. L'assicurato potrà così verificare ogni tipo di errore, omissione e inesattezza, valutando anche eventuali prescrizioni di contributi non presenti e provvedendo eventualmente a versare i Contributi volontari mancanti. Il lavoratore potrà infine, assieme all'estratto conto assicurativo, richiedere anche il calcolo totale della pensione tenendo conto dei Contributi previdenziali già versati e informandosi su quelli ancora da versare per conseguire la pensione.
Beneficiari della pensione di reversibilità
Che cosa è? In sostanza, la reversibilità della pensione è l’importo della pensione (o a title="scopri di più sul calolo della pensione"""Pensione Inpdap) che un tale beneficiario appartenente al nucleo familiare riceverà alla morte di un lavoratore assicurato o del pensionato. Questa quota della pensione è un diritto che va ai “superstiti” (infatti è detta anche pensione ai superstiti) quando il soggetto deceduto aveva diritto alla a title="scopri di più sulla pensione di vecchiaia"""Pensione di vecchiaia o di anzianità oppure di inabilità. Le pensioni di reversibilità sono state introdotte negli anni ’80 a tutela dei coniugi (soprattutto donne) che non possedevano una pensione propria e che molto spesso avevano un loro reddito al di sotto della soglia di povertà in seguito alla morte del coniuge.
Il beneficiario della pensione di reversibilità può essere: un coniuge o coniuge separato; (anche coniuge separato “per colpa” se egli ha diritto agli alimenti); un coniuge divorziato, a patto che non si sia più risposato o che il lavoratore deceduto fosse iscritto all'Inps già prima della sentenza di divorzio; un ex coniuge, pure se dopo il divorzio e prima della sua morte il pensionato o il lavoratore assicurato si sia risposato. In tal caso, in base alla legge numero 74 del 1987, il giudice stabilirà le quote che spetteranno al primo ed al secondo coniuge. Niente reversibilità della pensione prevista, invece, qualora un ex coniuge in vita si sia invece risposato. In questo caso, lui/lei avrà diritto ad una liquidazione della doppia annualità, che sarà pari a 26 volte la somma della pensione spettante alla data del matrimonio nuovo.
Quando la reversibilità spetta ai figli?
Oltre ai coniugi, la pensioni di reversibilità spettano anche ai figli (che siano legittimi o legittimati oppure adottivi o affiliati ma anche naturali o legalmente riconosciuti oppure giudizialmente dichiarati e nati da un precedente matrimonio dell'altro coniuge) i quali alla morte del genitore che era lavoratore assicurato o pensionato: sono minorenni; sono a carico del genitore e non svolgono nessuna attività lavorativa e che: sono studenti di scuola superiore fra i 18 e i 21 anni o sono studenti universitari al di sotto di 26 anni, sono inabili a qualunque età, ma a carico del genitore. Certe volte la pensione di reversibilità si può corrispondere ai nipoti, ai genitori, ai fratelli o a sorelle.
Quote e importi della pensione di reversibilità
La pensione di reversibilità è spettante al coniuge in una quota pari al 60% complessivo della pensione. Le reversibilità perdura vengono percepite per tutta la vita e si cumulano con le pensioni che i coniugi già percepiscono. In base al beneficiario, varia anche la quota della pensione corrisposta dall’Inps ai parenti superstiti. Tale pensione decorre dal mese seguente alla morte dell'assicurato oppure del pensionato, indipendentemente da quando viene presentata la domanda.
Pensioni di reversibilità: i tagli del 2020 per le vedove
Nonostante si parlasse di tagli relativi al 2020, era necessario sapere che in realtà si discuteva di ridurre le pensioni di reversibilità già dal 1995 secondo la legge Dini. Probabilmente non avreste fatto caso ma ogni anno, durante il periodo natalizio, tornava il tema del taglio delle pensioni che diventava oggetto di scontro politico e occasione per numerosi politici di esporre le proprie idee, in maniera tale da coinvolgere gli elettori. Quello che però molti ignoravano era che questa legge fosse stata applicata già da tredici governi prima di quello attuale ed è per questo, infatti, che dal 1995, ogni anno, l’INPS si preoccupava di scrivere una circolare in cui descriveva le modalità di attuazione.
All’interno della circolare, infatti, veniva affermato che la pensione di reversibilità o per i superstiti veniva ridotta se il titolare era in possesso di altri redditi secondo una percentuale del 25%, 40% o 50% a seconda dell’entità del reddito in questione (maggiore era il reddito, maggiore l’entità della riduzione). Occorreva precisare, però, che tale riduzione veniva “ricalcolata” ogni anno in relazione al totale percepito, quindi non si sommava a quella degli anni passati, infatti nel caso in cui la pensione della persona vedova si trovava sotto l’aliquota indicata, allora non vi sarebbe stata alcuna riduzione.
Tuttavia il reddito dei superstiti non era l’unico dato su cui si basava la riduzione, ma vi erano altre condizioni di interesse, ovvero: si aveva il passaggio dal 60% al 70% in presenza di un figlio, all’80% in presenza di due o più e, a partire dal 2012, le pensioni si riducevano anche nei casi in cui il deceduto si fosse sposato ad un’età superiore ai settant’anni con un coniuge più giovane di vent’anni, oppure nel caso in cui il matrimonio fosse durato per meno di dieci anni, onde evitare strategie dell’ultimo momento. Il sistema previdenziale del nostro paese, dunque, cercava di preoccuparsi di aspetti come questo attraverso il costante confronto con gli altri Stati che evidenziava come l’Italia fosse il paese che spendeva meno in relazione alle pensioni private, ma era quello che spendeva di più in relazione al PIL. Tuttavia tutti quanti sapevamo che la pensione non era mai abbastanza, soprattutto perché chi la percepiva si trovava in condizioni di salute e autonomia che non permettevano l’integrazione di altri redditi, pertanto si trattava di una necessità, non di certo un capriccio.
Pensione minima INPS: di quale importo hai diritto?
In questo caso lo Stato aiuta gli interessati una somma di denaro integrativa rispetto alla a title="informazioni utili sulla pensione di anzianità"""pensione maturata. L’entità dell’Inps pensioni minime varia ogni anno. Il compito della riscossione dei contributi previdenziali spetta a determinati organismi, tra i quali l’Inps, l’Istituto nazionale per la Previdenza Sociale. I lavoratori che prestano sevizio nelle pubbliche amministrazioni invece versano i propri contributi all’Inpdap.
E’ importante sapere che è stato creato anche un Istituto per l’assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro e le Malattie Professionali, l’Inail. Tutti gli interessati possono oltre ai normali contributi decidere di rivolgersi ad associazioni di previdenza private, per la creazione di una pensione integrativa di vecchiaia.
La riforma Monti: requisiti in termini di anni di contributi e non solo
Il triste e complicato momento che il nostro paese attraversò portò il Ministro Monti alla realizzazione di un decreto salva Italia, che apportò diverse modifiche in materia di pensioni, tra cui l’età pensionabile. In base al decreto infatti, l’età minima per andare in pensione divenne di 66 anni per le persone che lavoravano presso gli enti pubblici, senza distinzione di sesso.
Fortunatamente le Inps pensioni minime non subirono modifiche, anzi furono ogni anno rivalutate in base all’incremento del costo della vita stabilito dall’Istat. Tutte le pensioni che erano inferiori a 2.341,75 euro al mese, furono leggermente aumentate in base agli indici Istat, quindi stiamo parlando anche delle Inps pensioni minime. La riforma Monti stabilì anche a quali somme di pensioni il calcolo dell’incremento Istat non era concesso.
Chi ha alla maggiorazione?
Integrazione di informazioni per il 2015: pensionato in crisi di contribuzione?
La fotografia che emerse dalle ultime rilevazioni fu molto allarmante sul tema dei pensionati: secondo quanto riportò il CER (Centro Europa Ricerche), quasi la metà dei pensionati, il 44%, riceveva un assegno sotto i mille euro lordi. Si trattava di un popolo dalle vaste dimensioni, 7.4 persone, che avevano visto crollare il proprio potere d’acquisto dall'inizio della crisi fino a quel momento, ossia dal 2008.
Fu un'emergenza assoluta che avrebbe dovuto essere trattata con maggiore attenzione dai media pubblici e soprattutto dalle istituzioni, quest'ultime invece sottovalutarono eccessivamente la problematica. Aumentarono anche le prestazioni sanitarie così come i farmaci e tutto questo non poteva essere ignorato da chi governava.
Coloro che ricevevano assegni minimi e non percepivano altre fonti di reddito erano considerati nella fascia della “povertà assoluta” e già questo dato avrebbe dovuto gettare un grido d’allarme nel nostro Paese, soprattutto se paragonato con i privilegi assurdi delle pensioni d’oro, con assegni che arrivavano anche alla scandalosa cifra di 91mila euro al mese. Andando avanti con la scala gerarchica, chi guadagnava come pensione circa 1500 euro, aveva visto calare il proprio potere d’acquisto dal 2% al 7%.
Il sindacato che riuniva più di cinque milioni di sindacati, il CUPLA, chiese urgentemente al Governo del Presidente del Consiglio Renzi una revisione delle pensioni minime, da innalzare dagli allora 500 euro ad almeno 650 euro mensili. Una revisione che fosse del 40% rispetto al salario medio percepito dagli italiani.
Altro provvedimento che chiese il CUPLA fu l'estensione del bonus di 80 euro varato quell'anno dall'esecutivo anche se sul tema lo stesso Governo si mostrò in un primo momento freddo perché non c'erano le risorse necessarie per soddisfare l'intera platea dei beneficiari. Anche dall'opposizione si levarono voci che sostenevano l'innalzamento degli assegni minimi e la prossima Legge di Stabilità avrebbe dato delle indicazioni se questo punto sarebbe stato affrontato o meno dall'esecutivo.
Categorie di lavoratori e cumulo di lavoro
Il cumulo della pensione sul lavoro è regolato dalla Legge n. 133 del 2008 (art. 19). Consiste sostanzialmente nella possibilità di protrarre la propria attività lavorativa anche dopo la pensione. Ci sono alcune categorie di lavoratori che però hanno dei limiti in materia di cumulo lavoro; questi soggetti sono: quelli che percepiscono pensioni legate a parenti superstiti; i lavoratori che cambiano la durata occupazionale da tempo pieno a part time; chi è in possesso di pensioni che prevedono assegni d'invalidità e di sostegno al reddito; le pensioni dei lavoratori socialmente utili risarcite in modo transitorio.
Un altra limitazione è legata ai dipendenti pubblici, che non possono applicare il cumulo lavoro della pensione a ulteriori redditi. I lavoratori che rilevano assegni di invalidità e decidono di proseguire l'attività lavorativa sono inoltre soggetti a dei tagli pensionistici pari al 25 %, nei casi di reddito che oltrepassa di quattro volte il valore minimo previsto dall'Inps, e pari al 50% , se viene superato di cinque volte.
Quando chi percepisce l'assegno d'invalidità ha anche accumulato meno quaranta anni di contributi, sono previsti altri tagli del 30%, per gli autonomi, e del 50%, per i dipendenti.
Chiarimenti utili per il cumulo della minima
Ci sono alcune categorie di lavoratori che non possono cumulare il trattamento previdenziale con un altro reddito. Nell’elenco che segue sono presenti gli specifici casi in cui ci sono delle liitazioni nel cumulo.
- I dipendenti pubblici.
- Coloro che percepiscono un assegno d’invalidità.
- Le persone che ricevono pensioni ai superstiti.
- Coloro che ricevono pensioni dedicate ai lavoratori socialmente utili che sono state liquidate provvisoriamente.
- Le persone che percepiscono assegni o contributi per il sostegno del proprio reddito familiare.
- I lavoratori che da un contratto a tempo pieno passano a uno part time.
Com’è già stato detto in precedenza le persone che ricevono il pagamento di un assegno d’invalidità e però continuano a prestare un’attività lavorativa, subiscono dei tagli sul cumulo pensione di circa il 25% nel caso in cui il reddito prodotto sia superiore a quattro volte il trattamento minimo Inps annuale. Inoltre se nonostante il taglio, l’assegno che percepiscono è comunque superiore al minimo stabilito dall’Inps e l’intestatario non ha più di quaranta anni di contributi previdenziali, l’assegno subirà un ulteriore taglio, che varia in base alle situazioni che sono riportate nell’elenco che segue.
- Il 50% della quota eccedente il minimo stabilito dall’Inps nel caso in cui il reddito sia da lavoro dipendente.
- Il 30% della quota eccedente il minimo Inps nel caso in cui il reddito sia da lavoro autonomo.
Nel caso in cui il reddito superi di cinque volte il trattamento minimo dell’inps annuale la pensione subirà un taglio del 50%. Inoltre se nonostante la riduzione l’assegno rimane comunque superiore al minimo Inps, subirà la stessa decurtazione che si applica per i redditi che superano il trattamento di quattro volte.
Per acquisire una conoscenza più dettagliata, ti consiglio di leggere questo approfondimento sulle pensioni quota 96.