Dopo aver pubblicato un approfondimento che illustra come funziona la pensione per i superstiti, oggi ci occupiamo di un nuovo tema. La buonuscita per il licenziamento è una somma alla quale ha diritto il lavoratore dipendente alla fine della prestazione lavorativa, a prescindere dalla sua ragione. La cifra consiste nella somma del 6,91% di ogni stipendio annuo percepito, oltre ad una somma proporzionale ad un’eventuale frazione di tempo.
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- Chi ha diritto alla buonuscita per il licenziamento
- Aggiornamento 2014: pronte le modifiche?
- Legittimità del licenziamento per giusta causa
- Validità del licenziamento
- Il licenziamento legato all’articolo 18: le proposte del Governo
- Norme che disciplinano l'outplacement individuale
- Quali sono i soggetti in gioco nel ricollocamento
- Tipologie di ouplacement
- FAQ
Chi ha diritto alla buonuscita per il licenziamento
Possono usufruire della buonuscita per il licenziamento:
- i dipendenti che abbiano siglato un contratto di lavoro a tempo determinato dopo il 31 Dicembre 2000;
- coloro che abbiano ottenuto un contratto a tempo indeterminato entro il 31 Dicembre 2000, purché aderenti ad un fondo di previdenza complementare, grazie al passaggio automatico al trattamento di fine rapporto;
- quanti abbiano stipulato un contratto a tempo indeterminato a partire dal 30 Maggio 2000, purché della durata superiore ai 15 giorni consecutivi.
Modalità per il rilascio del trattamento di fine lavoro
L’articolo 12 della legge 122/2010 prevede tre modalità di riscossione della buonuscita per il licenziamento e dipendono dall’entità della somma spettante: se la cifra non è tanto elevata potrà essere riscossa in un’unica soluzione; viceversa, all’ammontare della quota, vi saranno più rate necessarie a percepirla tutta.
- L’indennità può pertanto essere quindi percepita:
- in una sola rata, per importi complessivi lordi non superiori ai 90.000 euro;
- in due rate se la cifra, sempre complessiva lorda, sia tra i 90.000 euro e i 149.999, nel qual caso ad una rata da 90.000 ne seguirà una seconda dopo 12 mesi, con la parte restante del trattamento;
- in tre rate infine se la buonuscita per il licenziamento è uguale o superiore ai 150.000 euro; per quest’ultima tipologia la prima rata è sempre da 90.000 euro, la seconda è di 60.000 e si percepisce a distanza di 12 mesi, mentre la terza (ad altri 12 mesi dall’ultima) contiene la parte mancante.
Quando non si applicano le rate
E’ bene tenere presente che la buonuscita per il licenziamento non è suddivisibile per rate qualora il rapporto di lavoro si sia concluso, per la presentazione delle dimissioni o il raggiungimento della massima età, entro il 30 Novembre 2010. Nel caso di dimissioni volontarie dal lavoro, la domanda dovrà essere stata presentata entro il 30 maggio 2010.
Aggiornamento 2014: pronte le modifiche?
Anche il Trattamento di Fine Rapporto sta entrando nell’agenda del Presidente del Consiglio Renzi, deciso a varare delle misure che possano incentivare la spinta ai consumi e di conseguenza la crescita. Una delle ultime idee del Premier è quello di versare parte del Tfr mensilmente in busta paga, in modo da consegnare ai lavoratori un bonus ulteriore da avere nel salario. Un bonus che si andrebbe ad aggiungere a quello degli 80 euro; in questo caso la misura non è però facile da quantificare anche se alcuni addetti ai lavori parlano di un centinaio di euro che finirebbe nelle tasche dei lavoratori. Ovviamente in questa misura bisognerà prendere in considerazione l’ammontare dello stipendio mensile, che porterà diversi benefici nel rapporto del Trf che finirebbe nel calcolo della busta paga.
Questa idea del Governo però non ha trovato d’accordo, almeno per ora, le imprese: si sa infatti che le aziende utilizzano questi soldi per avere maggiore liquidità e versare parte del Trattamento di Fine Rapporto nel salario potrebbe mettere in difficoltà queste società, in particolar modo le piccole imprese. Una misura presa quindi in maniera gelida anche se siamo tuttavia alle prime battute e il percorso incontrerà ostacoli e sarà dibattuto in diverse sedi. Rimane tuttavia la volontà di Renzi, dichiarata in diretta tv, a voler intervenire sul Tfr per consegnare più denaro fresco ai lavoratori da utilizzare per le loro esigenze.
Da valutare, infine, in questa misura, quanto beneficio potrà avere lo stesso dipendente, che non verserebbe parte del Trattamento di Fine Rapporto in un fondo previdenziale ma lo avrebbe direttamente in busta paga.
Nel caso tu voglia approfondire il tema delle buste paga, ti suggeriamo di leggere i nostri articoli informativi: "Buste paga INAIL", "Come fare una busta paga" e "Calcolo delle detrazioni per figli a carico".
Un beneficio che potrebbe trasformarsi in un minor ammontare del Tfr a lungo andare. Da considerare infatti che oggi il Tfr ha una tassazione facilitata che però potrebbe tradursi in un aumento dell’Irpef qualora finisse sullo stipendio mensile.
Su questo progetto del Governo hanno espresso dei dubbi anche i sindacati italiani, dalla Cisl alla Cigl passando per la Uil.
Oltre a questo argomento, l’esecutivo sta lavorando al famoso tema sul lavoro, con la riforma del Jobs Act che dovrebbe portare sostanziali cambiamenti, come l’introduzione del contratto a tutele crescenti, una minor importanza dell’articolo 18 e la riduzione sensibile delle tipologie contrattuali, con l’abolizione dei contratti co.co.pro. Si aspettano dunque i provvedimenti definitivi per capire la portata e i vantaggi di queste riforme.
Per scoprire in modo approfondito cos'è il Jobs Act, leggi il nostro articolo dedicato.
Legittimità del licenziamento per giusta causa
Poiché spesso le cause che hanno determinato questa scelta non sono quantificabili in termini economici e poiché questa facoltà potrebbe essere usata impropriamente da datori di lavoro con pochi scrupoli, è necessario che siano chiari al giudice i fatti che hanno condotto al licenziamento in tronco.
Episodi che giustifichino il licenziamento per giusta causa
- l’insubordinazione nei confronti del capo e il rifiuto, senza dare spiegazioni, di svolgere i propri incarichi;
- la sottrazione di beni durante lo svolgimento delle proprie attività;
- non riprendere il lavoro quando, a seguito di un permesso per malattia, dalla visita medica di controllo si dichiara il buono stato di salute dell’impiegato;
- i comportamenti penalmente rilevanti, anche fuori del lavoro, che facciano perdere la fiducia nel lavoratore;
- fare attività lavorative per conto di terze persone, durante la malattia, le quali pregiudichino il corretto rientro al lavoro oppure la guarigione dell’impiegato;
- i comportamenti violenti diretti ad altri lavoratori, ad esempio le risse.
Validità del licenziamento
Considerato che il licenziamento per giusta causa è motivato dalla rottura del rapporto fiduciario tra datore di lavoro e dipendente, sia negli atteggiamenti sul lavoro che nei comportamenti adottati al di fuori, il procedimento è valido se è confermato questo fattore soggettivo.
Il giudice infatti è chiamato a valutare non tanto gli effetti tangibili della cattiva condotta dell’impiegato, quanto se è venuto a mancare l’elemento di fiducia tra le due parti.
Il licenziamento per giusta causa nei casi degli assenteisti
Con un’importante pronuncia, la Cassazione ha convalidato una buonuscita di licenziamento avvenuto a un dipendente causa troppo assenze. Il lavoratore in questione, anche se i suoi giorni di assenza erano inferiori a quelli consentiti dalla legge per malattia, sistemava la sua inattività in conseguenza dei giorni di riposo e a macchia di leopardo. Per questo motivo, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un dipendente di un’azienda abruzzese spiegando che la prestazione lavorativa fosse inadeguata in ragione delle assenze strategiche del lavoratore. Con questa sentenza, la Corte apre un importante precedente su quanti vorranno fare i furbi sul posto di lavoro. Il tema degli assenteisti sta avendo un’ampia cassa di risonanza nell’opinione pubblica, soprattutto per quanto concerne le persone impiegate nel comparto statale o nelle aziende comunali o municipalizzate. Recenti indagini, rimanendo nel territorio di Roma legate ad Atac e Ama, hanno certificato un tasso di assenteismo quasi del 20% e l’amministrazione capitolina ha iniziato a porre un freno ai permessi controllando la validità dei motivi di assenza. Il tema dell’assenteismo è molto sensibile perchè oltre a diminuire la produttività di alcuni servizi essenziali per la comunità, visto che nel caso di Roma stiamo parlando di aziende pubbliche, porta alla ribalta anche il concetto della disoccupazione. Molta gente infatti fatica a trovare un posto di lavoro e vedere alcuni impiegati che non lavorano secondo gli orari stabiliti o che peggio ancora durante questi orari stanno in giro per i propri comodi crea irritazione e rabbia verso la comunità cittadina e opinione pubblica.
Il licenziamento legato all’articolo 18: le proposte del Governo
Il tema del licenziamento non può non chiamare in causa il famoso articolo 18, al centro di dibattiti nel mondo politico. Il precedente Governo Monti ha già modificato in parte questo argomento, riducendo la platea di chi può ricorrere al reintegro in caso di licenziamento illegittimo, a favore di un indennizzo economico. Il reintegro ora infatti è ammesso solo per motivi discriminatori. Il Governo Renzi invece sul tema del lavoro punta a un contratto con tutele crescenti e l’articolo 18 è solo una parte di questa rivisitazione. Flessibilità e tutele crescenti sono infatti le parole chiavi intorno alle quali si sta muovendo l’esecutivo per riformare un tema minato e alquanto sensibile.
Cosa comporta il licenziamento L’estinzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato avviene con il licenziamento da parte del datore di lavoro o per dimissioni da parte del lavoratore (comunicate con un termine di preavviso e con una lettera di dimissioni); in entrambi i casi, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere un’indennità di licenziamento.
Per approfondire l'argomento, ti invitiamo a leggere il nostro articolo sulla lettera di licenziamento per la colf.
Al termine del periodo di prova, secondo l’esito del lavoro eseguito, il datore può stipulare con il suo dipendente un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Dunque, nel caso in cui pensante che il licenziamento sia stato ingiustificato o comunque non appartenente ad uno delle precedenti motivazioni è il caso che vi rivolgiate ad un avvocato del lavoro che vi spiegherà in ogni caso come agire e come fare per ottenere l'indennità che vi spetta. Approfondimento sui licenziamenti All'interno del sito Area Lavoro, abbiamo creato delle pagine ad hoc per aiutare l'utente a reperire le informazioni relative al licenziamento per giusta causa o giustificato motivo. Nella pagina Licenziamento Senza vizi è possibile identificare i casi in cui il lavoratore può essere "giustamente" congedato dal posto di lavoro. Esistono poi delle differenze nella procedura di licenziamento a seconda che il contratto di lavoro sia a tempo determinato o indeterminato. Nelle sezioni Dimissioni: iter da seguire e mobilità sono reperibili ulteriori guide pratiche che identificano le fasi burocratiche della fine del rapporto di lavoro.
Norme che disciplinano l'outplacement individuale
L'outplacement è il servizio offerto da alcune imprese autorizzate che si occupano della ricollocazione professionale dei dipendenti usciti da una azienda. Si tratta quindi di uno strumento moderno di supporto per il dipendente nel passaggio da un'azienda all'altra. Gli operatori autorizzati all'outplacement - tra i quali l’AISO (Associazione Italiana delle Socieà di Outplacement) - assistono il dipendente, sia psicologicamente che professionalmente, nell'intera fase di ricollocazione professionale.
I lavoratori in uscita non hanno concluso il loro precedente rapporto di lavoro per motivi legati alla correttezza o alla moralità. Le aziende che si occupano di outplacement offrono un servizio articolato al lavoratore includendo un processo di autovalutazione e riqualificazione professionale.
Tale servizio è definito dal decreto legislativo n.276/2003 come "attività di supporto alla ricollocazione professionale". Più nel dettaglio art.2 comma 1 lettera d:
d) "supporto alla ricollocazione professionale": l'attività effettuata su specifico ed esclusivo incarico dell'organizzazione committente, anche in base ad accordi sindacali, finalizzata alla ricollocazione nel mercato del lavoro di prestatori di lavoro, singolarmente o collettivamente considerati, attraverso la preparazione, la formazione, l'accompagnamento della persona e l'affiancamento della stessa nell'inserimento nella nuova attività.
Quali sono i soggetti in gioco nel ricollocamento
Innanzitutto è l’azienda, autrice del licenziamento di alcuni dei suoi dipendenti, che mette in moto il meccanismo. È infatti la stessa impresa che richiede il servizio di outplacement ad una società specializzata e riconosciuta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Infine, vi sono i dipendenti che, licenziati per cause indipendenti dalla qualità del loro rapporto di lavoro (ovvero, non devono essere stati licenziati per mancanza di correttezza o comportamenti fraudolenti), hanno necessità di trovare un altro impiego.
Per una conoscenza approfondita dell'argomento, ti consigliamo di dare un'occhiata al nostro articolo sulla comunicazione di licenziamento per la colf.
Il metodo su cui si basa il processo è abbastanza fisso e composto dalle seguenti fasi:
- Conoscere la società di Outplacement,
- Analisi delle caratteristiche personali e professionali del lavoratore,
- Individuazione del proprio obiettivo professionale,
- Identificazione di una strategia personale,
- Preparazione dei mezzi operativi (curriculum vitae, lettera di presentazione, colloquio),
- Organizzazione del piano di lavoro, controllo dei risultati,
- Verifica e scelta delle nuove proposte di lavoro.
È fondamentale, è ovvio, una capacità d’analisi e d’ascolto da parte dei professionisti della società che si occupa del ricollocamento: occorre inquadrare con estrema attenzione il dipendente e consigliarlo in maniera più coerente possibile con le sue skill e le sue esperienze.
Tipologie di ouplacement
Esistono sostanzialmente due tipologie di outplacement:
- individuale che prevede un accordo diretto tra lavoratore e azienda;
- collettivo che prevede un accordo tra i sindacati e l’azienda per ricollocare gruppi di lavoratori.
L’outplacement individuale prevede 4 fasi:
- esame delle competenze: a seguito di colloquio con la ditta e accettazione del piano di ricollocamento, si stende un documento con le competenze del candidato, l’esperienza maturata negli anni, i suoi punti di forza e debolezza. A questo lavoro “tecnico” si affianca un lavoro psicologico e di sostegno emotivo nella fase di licenziamento della persona affinché non perda la fiducia in se stessa e le motivazioni;
- Profilo e progetto professionale: questa fase permette di focalizzare le aspirazioni della persona in base alla propria esperienza e alle esigenze del mercato. Si potranno, così, colmare eventuali gap tra le esperienze maturate e le richieste del mercato e programmare il re-inserimento nel lavoro.
- Coaching: fase di “formazione” per aiutare il candidato a riproporsi sul mercato del lavoro facendo leva sulle sue motivazioni. Con l’aiuto di un consulente, la persona dovrà perfezionare o correggere quei difetti che possono ostacolare il suo reinserimento dalla comunicazione verbale a quella non verbale, affinché impari letteralmente a “vendere sé stessa”. Il consulente o “coach” andrà ad agire sugli aspetti emozionali e motivazionali della persona. Il ruolo del consulente-coach non sarà quello di trovare una nuova mansione per il candidato, ma di aiutarlo a capire le proprie esigenze e potenzialità e incoraggiarlo nella ricerca, nell’autostima e a sviluppare autonomia nella ricerca del futuro occupazione.
- Incontro con il mercato: dopo che il candidato ha lavorato sulla propria personalità, le proprie ambizioni e raffinato il proprio curriculum, può sentirsi pronto per il re-inserimento nel mondo lavorativo anche grazie all’aiuto del consulente di outplacement che lo metterà a conoscenza dei canali da attivare per la ricerca di una mansione. Infatti, molte opportunità di lavoro restano sconosciute alla maggioranza che utilizza canali tradizionali, ben l’80% delle offerte restano nascoste e invisibili.
L’outplacement collettivo, invece, prevede due fasi:
- esame della situazione aziendale: l’ente che richiede l’intervento di una società di outplacement per facilitare il ricollocamento dei propri dipendenti deve collaborare in modo attivo per realizzare un progetto ad hoc e nell’ambito degli accordi sindacali. Dovrà fornire tutte le informazioni necessarie per capire e individuare le cause che hanno generato questa situazione di difficoltà e fornire a sua volta suggerimenti. Al termine dell’analisi, la società consulente presenterà un progetto sia al management aziendale sia a i sindacati al quale faranno seguito i colloqui individuali con i dipendenti licenziati.
- fase di intervento: si tratta dell’attuazione del progetto che verrà presentato in forma collettiva ai lavoratori dell’azienda e che spiegherà loro in cosa consisterà la riorganizzazione e il ridimensionamento. Faranno seguito la raccolta delle adesioni al progetto, i colloqui con i lavoratori interessati all’approfondimento e la formazione dei gruppi.
Perché sfruttare questa strategia di ricerca lavorativa
Il vantaggio è sicuramente economico: un’azienda può offrire questo servizio come benefit di buonuscita, presentandolo come alternativa ad una somma di denaro. Può, inoltre, sfruttare questa forma di tutela per evitare eventuali controversie legate ai licenziamenti, visto che si assume l’intero onere economico del riposizionamento del lavoratore.
FAQ
Cos'è la buonuscita in caso di licenziamento?
La buonuscita, nota anche come trattamento di fine rapporto (TFR), rappresenta una forma di tutela economica destinata al lavoratore al termine del rapporto di lavoro. In Italia, questa forma di indennità si accumula anno dopo anno durante il periodo di impiego, pari a una frazione dello stipendio annuo del lavoratore, e viene erogata al momento della cessazione del rapporto di lavoro, indipendentemente dalle ragioni del licenziamento. La finalità della buonuscita è quella di fornire un sostegno economico al lavoratore nel periodo di transizione verso un nuovo impiego. Il Calcolo del TFR tiene conto di vari fattori, inclusi gli anni di servizio e la retribuzione percepita, offrendo così una misura di sicurezza finanziaria al termine del rapporto lavorativo.
Quali sono le condizioni per avere diritto alla buonuscita?
Il diritto alla buonuscita sorge automaticamente con l'inizio del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ma esistono specifiche condizioni e termini che ne regolano l'acquisizione e l'erogazione. In generale, tutti i lavoratori dipendenti, inclusi quelli a tempo determinato sotto certe condizioni, maturano il diritto al TFR. Tale diritto è garantito anche in caso di dimissioni, licenziamento per giusta causa, giustificato motivo oggettivo o soggettivo, e risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. L'ammontare della buonuscita viene calcolato in base alla retribuzione e agli anni di servizio, includendo anche eventuali premi e indennità. È importante notare che specifiche situazioni, come il licenziamento per giusta causa, potrebbero influenzare le modalità di calcolo e di erogazione del TFR.
In caso di licenziamento, come viene calcolata la buonuscita?
Il calcolo della buonuscita in caso di licenziamento si basa su una formula specifica che considera diversi elementi della retribuzione del lavoratore e la durata del rapporto di lavoro. In linea generale, il TFR si accumula alla fine di ogni anno di lavoro e corrisponde a circa un tredicesimo della retribuzione annuale complessiva del lavoratore, inclusi stipendio, bonus, e altre indennità. La somma totale viene poi rivalutata annualmente in base a un indice che tiene conto dell'inflazione e di un tasso di interesse fisso. Alla fine del rapporto di lavoro, l'importo accumulato viene calcolato e erogato al lavoratore, offrendo un sostegno finanziario per facilitare la transizione verso una nuova occupazione.
Quali sono i tempi di erogazione della buonuscita in caso di licenziamento?
I tempi di erogazione della buonuscita variano a seconda di specifiche circostanze legate al licenziamento e possono essere influenzati da accordi collettivi o contrattuali. Tipicamente, l'erogazione del TFR avviene entro pochi mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Tuttavia, in alcuni casi, come per esempio in presenza di contenziosi sul licenziamento, i tempi possono allungarsi. È essenziale che il lavoratore si informi sui termini specifici applicabili al suo caso, anche consultando rappresentanti sindacali o esperti in materia di diritto del lavoro, per avere una comprensione chiara delle tempistiche e delle procedure di erogazione della buonuscita.